giovedì 2 giugno 2022

Di api, di leoni, di capre e di creature fantastiche. Bestiari urbani capranichesi e dove trovarli. 2^ parte

di Fabio Ceccarini

Andare per le vie e le piazze di Capranica con un occhio diverso e curioso, alla ricerca delle numerose creature e bestie fantastiche raffigurate nell'arte, negli stemmi, nei dipinti, ed accorgersi che la compagnia degli animali ha sempre costituito, per l'uomo, un modo per sentirsi pienamente al centro del creato. Seconda parte

 (vai alla prima parte - vai alla terza parte)

4. Lo zodiaco di Palazzo Accoramboni

All’interno del Palazzo Accoramboni, sede municipale, tra le decorazioni pittoriche che abbelliscono il torrino finestrato è possibile ammirare un gustoso zodiaco. Questo ambiente, di altezza doppia con ballatoio e parapetto di legno, presenta nel registro inferiore una decorazione unitaria che riproduce una sala con finto colonnato, una trabeazione e alcuni paesaggi marini e montani, ed in quello superiore le allegorie delle quattro stagioni che fanno da contorno alle centrali ed opposte figure di Copernico e Tolomeo. 

Sulle metope della trabeazione sono rappresentati invece i segni zodiacali, immediatamente al di sotto alla superficie finestrata del torrino, all’interno di un motivo a fascia continua per ciascuna delle quattro pareti. I segni sono inquadrati in cornici riproducenti finti stucchi, separate tra loro da finte lesene scanalate[1], al di sotto delle quali vi è la didascalia, in latino e caratteri maiuscoli, con il nome della costellazione. Nel soffitto, infine, è rappresentata una rosa dei venti con lancetta metallica mobile per l’indicazione del vento, posta al centro della volta celeste, tra simmetriche decorazioni floreali e le figure allegoriche dei quattro venti: tramontana (N), levante (E), ostro (S) e ponente (O).


La decorazione fa parte di un complesso di opere poste al piano nobile ed al secondo piano - soprattutto fregi dipinti a soggetti di caccia e di paesaggi - testimonianza di una fase decorativa tardo settecentesca o inizio ottocentesca del Palazzo. Come testimoniato dalla scritta a pennello, in bei caratteri maiuscoli, l
a sala del torrino è stata rifatta nel 1901 dal pittore ronciglionese Diotallevi, ed è stata restaurata nel 1982 dal pittore architetto polacco Prof. Giorgio Feinner, durante i lavori di ristrutturazione dell’edificio voluti dall’Amministrazione comunale guidata dal Sindaco Nazzareno Liberati[2].


Questo tipo di decorazione, caratteristica delle corti rinascimentali, agli inizi dell’Ottocento trovava nelle classi più colte e benestanti un utilizzo pratico, nella convinzione che ogni attività umana fosse inesorabilmente influenzata dagli astri: la decisione del giorno del matrimonio, dell'inizio degli affari, della fondazione di palazzi o di chiese, dovevano dunque dipendere da complessi calcoli astrologici. Nonostante, quindi, le scoperte scientifiche di Galileo Galilei avessero mostrato i limiti della conoscenza tradizionale e l'avvento delle teorie copernicane sottratto all'astrologia il titolo di disciplina scientifica, ecco nascere un’attenzione particolare verso l'oroscopo. Non a caso le due figure agli opposti, Tolomeo e Copernico, in qualche modo stanno a significare l’abbandono delle teorie tradizionali e geocentriche che facevano capo all’erudito egiziano, a favore di quelle innovative eliocentriche dello scienziato polacco. A chiudere il cerchio, l’epitaffio attribuito a Platone: “Philosophia rerum magistra. Nullus geometriae expers accedito” (la filosofia è maestra di tutte le cose. Non entri alcuno che non abbia conoscenze di geometria/matematica), frasi che il filosofo greco aveva scolpito all’entrata della sua scuola.




Ma torniamo al nostro zodiaco. In quanto ad animali e a bestie fantastiche nell’ambito dei segni zodiacali e delle costellazioni c’è davvero di che sbizzarrirsi. Ben otto segni su dodici si basano su figurazioni zoomorfe, considerando tra questi anche il Sagittario (arcitenens), mezzo uomo e mezzo cavallo. Abbiamo quindi il Capricorno (caper), i Pesci (pisces), l’Ariete (aries), il Toro (taurus), il Granchio (cancer), lo Scorpione (scorpius), il Leone (leo). Per ciascuna stagione abbiamo rappresentati due animali su tre segni: in primavera Ariete e Toro; in estate Cancro e Leone; in autunno Scorpione e Sagittario; in inverno Capricorno e Pesci. L’origine dello zodiaco è antichissima e risale alla civiltà babilonese, i cui astronomi per primi divisero la volta celeste in dodici spicchi di 30° ai quali attribuirono il nome di una costellazione. Ed i segni zodiacali vennero anche utilizzati dai babilonesi per associarvi esotericamente specifiche parti del corpo umano a scopi medici (melothesia). La testa era nell'Ariete, la laringe nel Toro; le braccia erano associate ai Gemelli, il segno che meglio degli altri esprime la simmetria; il torace veniva associato del Cancro; il cuore era identificato con il Leone mentre la parte bassa delle gambe era collegata all’Acquario. I piedi, infine, venivano considerati come collegati ai Pesci.

Illustrazione dell'«Homo signorum», con le relazioni tra le parti anatomiche e i segni zodiacali, dal trattato di Heinrich Laufenberg, Regimen (1450-60) - tratto da Wikipedia

Lo zodiaco di palazzo Accoramboni, infine, è disposto anche secondo un orientamento nord-sud, giovando alla sua composizione pittorica il fatto che il torrino e l'intero palazzo sono realizzati in parallelo all'asse del corso Francesco Petrarca, leggermente inclinato sulla direttrice est-ovest. Le figure sono quindi dipinte secondo la posizione delle costellazioni sull'ellittica.

Gli assi di colore giallo indicano i quattro punti cardinali (in alto in Nord); gli assi di colore rosso indicano l'inclinazione rispetto al Nord, del torrino del palazzo Accoramboni; gli assi di colore ciano indicano i solstizi e gli equinozi in relazione alla posizione dei segni dello zodiaco sulle pareti del torrino

5. Bestie fantastiche nel rosone circolare di San Francesco

L’aver illustrato alcune caratteristiche dello zodiaco di Palazzo Accoramboni, ci da’ l’occasione per parlare delle strane figurazioni visibili sulla facciata della chiesa di San Francesco. Benché alcuni autori sostengano che la cornice esterna del rosone circolare di questa chiesa contenga uno zodiaco[3], probabilmente, come vedremo tra poco, non è esattamente così. Se consideriamo l’epoca di fondazione della chiesa, il XII secolo, siamo infatti ben lontani dai contesti ricordati per lo zodiaco dell’edificio sede comunale. Nel caso del rosone di San Francesco il nostro punto riferimento è in effetti l’arte romanica che si è andata affermando in un’epoca storica, quella del medioevo, nel cui quadro il creato viene considerato come un dono diretto di Dio. E’ Dio stesso che conferisce alla sua creatura, seppure imperfetta e finita, il dominio e l’amministrazione della «intera gamma delle creature soprattutto quelle viventi»[4]. Pertanto, se la rappresentazione dello zodiaco del Palazzo Accoramboni risponde alle mode del tempo, nel caso del rosone di San Francesco ci troviamo davanti ad una raffigurazione a base zoomorfica che assume una importanza dottrinale[5], potremmo dire catechetica, perché offerta ai fedeli come occasione di crescita spirituale nel cammino di conversione personale (una piccola ma preziosa biblia pauperum). Tuttavia nell’arte romanica ciò non va inteso in senso assoluto, poiché le rappresentazioni degli animali sono anche dei puri e semplici giochi decorativi del singolo artista che danno vita a dei veri e propri repertori – i cosiddetti bestiari - di bestie di tutti i tipi, reali e non, molto spesso anche mostruose, la cui origine è da ricercare nelle culture orientali[6]. La cornice del rosone di San Francesco va quindi letta anche nel contesto di quelle drôlerie medievali ricche di sapienza didattica e di estri di cui straboccano le cattedrali romaniche. Ma veniamo alle caratteristiche di questa composizione.

Il rosone della Chiesa di San Francesco, a Capranica
 
La facciata della Chiesa di San Francesco prima del restauro diretto da Antonio Muñoz
 
 
Innanzitutto, le figurazioni scolpite in bassorilievo sul tufo sono 23, quindi non possono essere sovrapposte ai segni zodiacali, né sembrano richiamare le costellazioni, eccezion fatta per qualche figura che tuttavia, a nostro parere, non può determinare l’oggetto della composizione. Dopo il restauro della chiesa diretto da Antonio Muñoz negli anni ’20 del Novecento e concluso nel 1927, la cornice del rosone è stata riportata alla luce rimuovendo uno strato di intonaco che nascondeva alla vista le linee sobrie della facciata romanica. La cornice si presenta oggi piuttosto deteriorata in più punti, rendendo non agevole il riconoscerne le figurazioni. Tuttavia, grazie alla fotografia digitale e al rilievo che le singole figure acquistano grazie alla luce solare radente nelle ore della mattinata, è possibile determinare, superando qualche piccola difficoltà, il repertorio che si trova rappresentato nella cornice. 

Le figure non hanno tutte la stessa ampiezza di arco. Quella in alto e quella in basso, nonché quelle immediatamente alla loro sinistra, sono rappresentate in uno spazio grande la metà di quello dedicato alle altre 19. Immaginando di attraversare il rosone con due assi ortogonali, abbiamo assunto convenzionalmente i quattro punti cardinali per identificare l'alto (Nord), il basso (Sud), la destra (Est) e la sinistra (Ovest) del rosone. Abbiamo quindi proceduto a numerare in senso orario tutte le figure presenti, assegnando il n. 1 alla figura posta a Nord, ed abbiamo anche provveduto a delimitare i settori circolari e gli archi di competenza di ciascuna figurazione. Raffrontando i settori circolari risultanti con il suddetto sistema di assi ortogonali originantesi dal centro del rosone, è facile notare che le figure siano leggermente ruotate e che solo l’asse verticale superiore sia pressocché sovrapponibile con quello delimitante la destra del settore circolare della figura n. 1. Di conseguenza, il mascherone baffuto raffigurato a Sud, all’opposto della figura n. 1 e contraddistinto con il n. 12, è posizionato in maniera tale da essere tagliato quasi a metà dall’asse verticale. A causa della non perfetta suddivisione degli spazi, il primo e il terzo quadrante (in senso orario) risultano di dimensioni inferiori ai 90°, mentre il secondo e il quarto sono più ampi della grandezza di un angolo retto. Il secondo quadrante è quello più grande, il terzo quello più piccolo.

Seguendo l’ordine proposto, l’elenco delle raffigurazioni è riportato a margine della figura seguente:

Predominano nelle figure presenti quelle alate: se ne distinguono ben 10, di cui 9 posizionate nei due quadranti superiori: 4 nel quarto e 5 nel primo (da sinistra a destra). Accanto al mascherone a Sud, si distinguono ali ben piumate di una figura mutila. Nel settore n. 1, a Nord, si distingue con qualche fatica una figura di un uomo con aureola, forse originariamente con tavola. Non sembrano emergere ali. Tuttavia la presenza di un uccello alla sua destra e probabilmente di un bue alato con tavola alla sua sinistra, se collegati alla presenza del leone alato con tavola (fig. n. 3), fanno pensare ad un tetramorfo apocalittico. Le creature raffigurate nei due quadranti superiori sono generalmente richiamanti il bene o la luce. Si distinguono infatti ben 4 grifoni (la perfezione e la potenza), un leone alato che reca una tavola del vangelo (simbolo dell’evangelista Marco), un cervo (i catecumeni), due figure angeliche con ali. Nei due quadranti inferiori compaiono invece creature ed animali che appartengono alla sfera del male o dell’oscurità: un uomo deforme, due mascheroni baffuti, un pesce che nuota nelle profondità del mare (che per la sua forma tozza potrebbe anche ricordare il verme-drago, meglio noto nel nord Europa con il termine tedesco di Tatzelwurm), un sagittario e un centauro (mezzi uomini e mezzi cavalli, simbolo dell’eresia, che Dante colloca all’inferno a guardia dei dannati sul fiume Flegetonte), una arpìa con il becco spalancato in atto di attaccare un mostro con la testa di felino, il corpo piumato e la coda lanceolata (una manticora?), un mostruoso serpente/drago dalla lunghissima coda raccolta e intrecciata.

1 - un cervo; 2 - leone alato con tavola; 3 - figura umana con ali

La presenza del tetramorfo apocalittico è in linea con altri esempi di rosoni romanici, a partire da quelli coevi delle chiese tuscanesi fino a quelli che abbelliscono le successive cattedrali gotiche. La sequenza qui proposta dall'ignoto maestro scultore è l'aquila (Giovanni), l'uomo (Matteo), il bue (Luca), il leone (Marco). Medesima sequenza si ritrova attorno al rosone di Santa Maria Maggiore, a Tuscania, dove partendo dall'alto a sinistra e procedendo in senso orario sono raffigurati i medesimi simboli.Tuttavia la sua posizione, nel complessivo quadro della cornice circolare, non sembrerebbe del tutto canonica. Negli esempi umbro-laziali il tetramorfo compare quasi sempre agli angoli corripondenti con i quattro punti cardinali (oltre alle chiese tuscanesi, si vedano anche gli esempi viterbesi di Santa Maria della Verità e di San Giovanni in Zoccoli), mentre in ambiti fuori contesto geografico e storico non mancano esempi simili, almeno nella disposizione degli esseri viventi (come ad esempio nella cattedrale di Larino, in Molise, dove il tetramorfo compare nella parte superiore del rosone, nella sequenza: bue, aquila, leone, uomo, al centro del quale si trova però un agnello crucifero).

Tetramorfo apocalittico tra le figure della cornice del rosone di San Francesco:
23 - aquila; 1 - uomo; 2 - bue; 3 - leone

Rosone della basilica di Santa Maria Maggiore, Tuscania (VT) - dall'alto, in senso orario, la sequenza dei quattro "esseri viventi" (Ezechiele), è la medesima di quella proposta a San Francesco

Rosone della chiesa di San Giovanni Evangelista "in zoccoli", a Viterbo

Tetramorfo della cattedrale di Larino (CB), esempio slegato dallo schema classico/scritturistico dei quattro punti cardinali

Pertanto, tutto si può dire delle immagini ritratte in questa cornice tranne che siano parte di uno zodiaco. Sembrerebbe invece che come nella vicina lunetta del portale dell’Ospedale di San Sebastiano, si sia voluto riprodurre un’allegoria degli opposti: la lotta del bene contro il male, l’alto contro il basso, la luce contro le tenebre. Da questo ultimo punto di vista, è importante anche sottolineare come la chiesa di San Francesco sia una chiesa orientata, ovvero con la facciata principale disposta verso est ed il sole nascente, simbolo del Cristo Salvatore del Mondo, la cui resurrezione vince la morte. La luce di Cristo/sole passava quindi dal rosone della facciata ed illuminava la navata centrale durante la liturgia del mattino. L’inclinazione dei raggi era tale da arrivare con una incidenza che colpiva in particolar modo la pars hostilis, il mondo collocato ad infera, rinforzando e rinvigorendo la pars familiaris, il mondo del bene.

1 e 2 - Chiesa di San Francesco con facciata rivolta ad est; 3 - Basilica Vaticana con facciata rivolta a est; 4 - Basilica Lateranense con facciata rivolta a est

Non per niente, ad alcune ore del mattino, quando la luce del sole proviene da sud-est o da sud, le figurazioni dei quadranti superiori sembrano acquistare particolare rilievo si da prevalere su quelle poste nei due quadranti inferiori, quasi a richiamare alla mente degli uomini del tempo, abituati a decodificare i segni del sacro, che portae inferi non praevalebunt (le porte dell’inferno non prevarranno).

6. Bestie fantastiche nella lunetta del portale dell’Ospedale di San Sebastiano

Dal rosone è facile spostarsi di qualche passo per voltarsi ad ammirare la ricca composizione della lunetta del portale dell’Ospedale di San Sebastiano (in realtà dovremmo dire ex ospedale, ma i capranichesi continuano abitudinariamente a chiamarlo ancora Ospedale, benché oggi sia diventato un hotel). Come già ricordato nella prima parte di questo articolo, abbiamo parlato della lunetta in altra sede sempre su questo blog, a cui rimandiamo per eventuali approfondimenti[7].

Nella parte che segue, invece, ci occuperemo delle bestie fantastiche che compaiono nella complessa allegoria, tralasciando i leoni, di cui ci siamo già occupati nella prima parte dell’articolo.

Le quattro lastre di marmo che formano la lunetta sono popolate da ben 22 figurazioni, di cui 21 zoomorfe e 1 antropomorfa, all’interno di una grandiosa figurazione fitomorfa (la vite). Tralasciando la figura di una donna, probabilmente allegoria della Mater Ecclesiae, assisa in trono, con le mani ben salde sui forti rami della vite-Cristo (io sono la vite, voi i tralci; Gv 15,1-8), a cui sembra voler appoggiarsi in un atto di totale affidamento, le altre ventuno figurazioni rappresentano per una parte il popolo di Dio, che si nutre dei frutti della vite, e per l'altra parte il mondo delle forze avverse, ostili alla Chiesa, che in ogni modo cercano di attentarne la vita e di impedirne la diffusione nel mondo. Abbiamo già detto che i due leoni posti al di sopra della immaginaria linea della terra sono immagini positive. Essi rappresentano Cristo e quindi coloro che con il proprio ministero perpetuano la vite e la diffondono nel mondo (figure contraddistinte con il numero 2). Sono in effetti dei mascheroni da cui la pianta sembra rinascere con nuovo vigore. Tra i mascheroni (indicati con il numero 4), quello in basso a sinistra sembra avere le medesime fattezze di un leone (si veda il n. 2 a destra), dal che se ne dedurrebbe una valenza cristologica. Analogo discorso vale per il pesce-mascherone in basso a destra, dal quale nasce vigorosa la pianta della vite. Il monogramma di Cristo, ΙΧΘΥΣ («Ιησοὸς Χριστὸς Θεοῦ υἱὸς Σωτήρ», ovvero «Gesù Cristo, figlio di Dio, Salvatore») si traslitterò sin da subito nella chiesa paleocristiana nel latino Ichthỳs = pesce, accompagnandolo ad un pesce stilizzato.

Stele funeraria con l'iscrizione in lingua greca ΙΧΘΥϹ ΖΩΝΤΩΝ (trasl. icthys zōntōn; lett.: "Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore dei viventi"). Inizi del III secolo, Museo Nazionale Romano, foto tratta da Wikipedia
 

Nella parte superiore, tra i racemi sinuosi ed esili della rinvigorita pianta di vite pascolano i cervi, simbolo del rinnovamento (le corna che si rigenerano e crescono), e perciò evocanti i catecumeni che dopo essersi convertiti chiedono di essere ammessi ai sacramenti. Il frutto della vite, l’uva, è il simbolo dell’eucaristia, e gli uccelli passeriformi, indifesi e semplici, si nutrono degli acini offerti dalla pianta, piluccando i grappoli e scambiandosi il cibo becco a becco. L’immagine dei due passeri che si scambiano un acino d’uva ha in effetti proprio questo significato, evocando tempi in cui i fedeli potevano accostarsi all’eucaristia anche in privato, nell’intimità delle loro case. 

Ma la scena viene completata da un registro inferiore che si contrappone a quello appena descritto in maniera radicale e drammatica. Ad infera, cercano di arrestare il propagarsi della vite-Cristo alcune creature mostruose: due arpìe, due uccelli dal collo lungo e becco rapace, due leoni con la criniera piatta e arruffata, un mostro dalle fattezze antropomorfe e dal seno prominente, munito di un possente becco d’aquila. Queste creature cercano di spezzare i rami della vite con morsi e con artigli, trascurando i giovani tralci e dedicandosi alle volute della pianta principale, la cui forza è tuttavia superiore a quella degli aggressori grazie ad un tronco legnoso e spesso, irrobustito dal tempo (si noti il maggiore diametro dei racemi della pianta nella parte raffigurata nel registro inferiore della composizione).

Due passeri (i cristiani) che si scambiano un acino d'uva (l'eucaristia)

Un cervo (il catecumeno)

Interessanti sono i riferimenti numerologici che l’ignoto scultore ha voluto lasciarci con questa sua straordinaria opera. I passeri sono 7, simbolo della compiutezza. Gli animali rappresentati nel registro superiore (del bene/della luce), sono 11, 4 in più di quelli visibili nella parte inferiore. Questi sono 7, ma tra essi, due soltanto appartengono pienamente al mondo animale (i leoni), essendo le altre creature mostruose. Il numero 11, relativo al registro superiore, assume infine il senso del nuovo inizio, la nuova serie numerica che comincia dopo la fine della serie precedente (10 + 1). Un nuovo inizio che richiama il già ma non ancora, il tempo di grazia che è dato di vivere al cristiano, avendo questi ricevuto l'annuncio della salvezza ma non vivendo ancora nel tempo del suo pieno compimento.

Segue terza parte

Un'arpìa


[2] Vedi articolo su questo blog: CECCARINI, Fabio, «Palazzo Accoramboni: un’antica dimora nel borgo rinascimentale», Capranica Storica, 21/09/2019 - URL: https://www.capranicastorica.it/2019/09/palazzo-accoramboni-unantica-dimora-nel.html

[3] PARLATO E. – ROMANO S., Roma e il Lazio, Italia Romanica, vol. 13, Jaca Book, Milano 1992, p. 390

[4] Cfr. RAVASI G., I salmi¸ Milano 1992, p. 28

[5] Cfr. AA.VV., «Zoomorfiche e fitomorfiche figurazioni», Enciclopedia Universale dell'Arte, XIII, col. 942

[6] Sull’argomento, BALTRUŠAITIS J., Il Medioevo fantastico. Antichità ed esotismi nell’arte gotica, Milano 2000, passim

[7] CECCARINI, Fabio, «Di api, di leoni, di capre e di creature fantastiche. Bestiari urbani capranichesi e dove trovarli. 1^ parte», Capranica Storica, 19/05/2022 - URL: https://www.capranicastorica.it/2022/05/di-api-di-leoni-di-capre-e-di-creature.html


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CECCARINI, Fabio, «Di api, di leoni, di capre e di creature fantastiche. Bestiari urbani capranichesi e dove trovarli. 2^ parte», Capranica Storica, 02/06/2022 - URL: https://www.capranicastorica.it/2022/06/di-api-di-leoni-di-capre-e-di-creature.html

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