martedì 7 luglio 2020

Capranica sul set "Luci del varietà" di Lattuada e Fellini. Immagini, testimonianze e ricordi

di Paolo B. Nocchi

Introduzione

I cento anni della nascita di Fellini hanno mosso un fiume di commenti e ricordi in cui, credo, ognuno si è sentito parte: la cinematografia che ne ha riconosciuto il genio e i tanti che si sentono onorati dall’opera di un grande rappresentante della creatività artistica italiana e della poetica popolare specie dei primi film in bianco e nero. Proprio di questa prima fase della sua vita e carriera artistica ho avuto modo di ricercarne le esperienze per via dei racconti personali di mia madre del set capranichese di “Luci del Varietà” che mi sono tornati in mente. Il film, diretto nel 1950 da Alberto Lattuada e Federico Fellini, è stato girato per alcune sequenze a Capranica. Un evento artistico, seppur breve, quasi dimenticato e poco valorizzato che ho ripercorso partendo proprio dai quei ricordi familiari ed ho reso “pubblici” sulle pagine di Facebook.

Ho accolto con piacere l’invito a tornare a scrivere di quella vicenda poiché nel frattempo ho trovato altra documentazione molto interessante sotto il profilo artistico e più aderente ai contenuti di questo meritevole Blog culturale di “Capranica Storica”. I miei genitori abitavano in uno di quegli edifici a torre affacciati a mezzogiorno sulla Via Romana. La casa si trova alla fine di “Vicolo della Rosa” che scende da Piazza “Crocì” e dopo una piazzetta e un ripido e angusto tratto finale di gradini, termina in un muretto affacciato sul pianoro tufaceo della “Rosarella”. Dal portone si risale in una casa semplice con un paio di stanze piene di luce che guardano il bosco; un po’ come succede per tanti vicoli ciechi ai margini della Capranica vecchia. 


Fig. 1 -
“Vicolo della Rosa” e i ragazzi del vicinato (1954 ca.)

Sono, dunque, i gradini di un vicolo quasi dimenticato che, però, nell’estate del 1950, hanno vissuto il loro breve momento di “gloria” sotto il calpestio di passi frettolosi e forse un po’ stanchi di una compagnia cinematografica, con personaggi famosi o che lo sarebbero diventati, che trovava conforto nella nostra abitazione durante le pause di lavorazione del film “Luci del varietà”.

Come siano capitati in quel vicolo perduto non lo so, ma raccontava mia madre che scelsero la “location” per via della luminosità delle stanza verso il bosco.

La navigazione nel web mi ha consentito di acquisire tante informazioni e di leggere  molteplici scritti, testimonianze e recensioni del film e dei suoi protagonisti ma soprattutto di trovare tutta una serie di documenti e immagini “sparse”, anche inedite, contenute in archivi digitali o pubblicate occasionalmente. Ho riunito parte dei documenti, secondo un filo logico, in un breve racconto al fine di ricostruire il quadro formativo del film e comprendere il motivo di quelle “incursioni” cinematografiche notturne a Capranica rappresentative del tipico paesetto sperso della provincia italiana anni Cinquanta.

In particolare ho voluto trovare una risposta al simpatico quesito di Fabio Ceccarini in un suo articolo: “ma come avra fatto Fellini a venire a girare a Capranica non si sa...?” (“Quando Fellini girava a Capranica”)

La realizzazione del film

Siamo nell’immediato dopoguerra, una stagione di pionierismo e di incontenibile vitalità per il cinema italiano, in cui Federico fellini e Giulietta Masina muovevano i primi passi. 

Il film “ Luci del Varietà” (1950) segna il debutto di Fellini come regista, assieme a Lattuada con interpreti le rispettive mogli (oltre ad altri membri della famiglia Lattuada) in associazione con la Film Capitolium. 


Fig. 2 -
La locandina del film

Il film è la storia di una scalcinata compagnia di rivista diretta dal capocomico Checco. Liliana, una bella ragazza si unisce alla compagnia e un caso imprevisto la costringe a debuttare nel teatro di un paese ed ottiene, con la sua bellezza, uno straordinario successo. Il capocomico se ne innamora ma lei pensa soltanto ad inseguire il successo e lui rischia di rovinarsi la carriera nel tentativo di conquistare il suo cuore.

Federico Fellini era stato, insieme al commediografo Tullio Pinelli, lo sceneggiatore dei film neorealisti girati da Lattuada nell’immediato dopoguerra e suo assistente alla regia.

Con le rispettive mogli avevano stretto un sodalizio professionale e personale, definito da Lattuada «un quartetto di amici inseparabili». 


Fig. 3 -
Federico Fellini, Giulietta Masina, Carla Del Poggio e Alberto Lattuada

Carla Del Poggio ha sostenuto di essere stata la prima a lanciare l'idea del film: «Mi sarebbe piaciuto riagganciare con la danza, il mio primo amore artistico» e ne parla con Fellini e signora.

Fellini propone un soggetto che aveva già scritto sul varietà, che, come poi dirà, «erano i ricordi della provincia italiana vista dai finestrini dei treni e dalle quinte di teatrini sgangherati e male illuminati di quando giravo l'Italia con una compagnia di rivista»

Anche Lattuada si interessò al soggetto e propose come protagonista sua moglie, Carla Del Poggio. Fellini suggerì di inserire nel cast pure sua moglie, Giulietta Masina. Quasi naturalmente, a questo punto, anche per fare un omaggio all’amico e collaboratore Lattuada propose a Fellini di firmare il film in coppia. 


Fig. 4 -
Ritaglio di giornale

Dal soggetto di Fellini si passa alla sceneggiatura insieme a Lattuada e Tullio Pinelli con la collaborazione di Ennio Flaiano.

E’ la prima pellicola in cui Fellini compare nei titoli di testa come regista, sia pure insieme ad Alberto Lattuada già affermato. “Poiché il mio contributo andava oltre quello di sceneggiatore, Lattuada suggerì che la regia venisse attribuita a entrambi” ricordava Fellini.

Il soggetto è suo e tutto il film è marcato da un inconfondibile fellinismo di fondo: il mondo dell’avanspettacolo, la provincia, l’opposizione del sogno alla realtà, le feste e i crudi risvegli all’alba.

Per la produzione i due registi si rivolgono dapprima alla "Lux" di Carlo Ponti, con cui Lattuada, aveva collaborato,  che  rifiutò in quanto disse che era un argomento che non funzionava. I due cineasti con uno spirito di autonomia creativa si cimentano come produttori grazie a un accordo basato su una formula di cooperativa in associazione con la Film Capitolium, con l’ambizione di competere con i grandi produttori di allora. Direttore di produzione la sorella Bianca Lattuada. 


Fig. 5 -
Ritaglio di giornale

Nei primi mesi del ’50 i giornali parlano con curiosità di questa “cooperativa fra mogli e mariti”, cioè fra i due registi e le rispettive consorti attrici Carla Del Poggio e Giulietta Masina. Il mondo trattato è quello del varietà o avanspettacolo, caro Fellini.

L’autonoma iniziativa di Fellini gli costò la rottura dell’amicizia con Aldo Fabrizi che per rivalsa promosse con l’aiuto proprio del produttore Carlo Ponti, una storia analoga intitolata “Vita da cani” con la regia di Steno e Monicelli. Si accende una gara a chi arriverà prima nelle sale. 


Fig. 6 -
Fellini e Moraldo Rossi su un set della Tuscia

Luci del varietà fu girato negli stabilimenti Scalera, a Roma con esterni a Capranica; le riprese iniziarono in primavera e si conclusero nell'agosto del 1950.

La paternità

La conduzione a quattro mani del film, nel tempo, ha portato inevitabilmente ad una diversa attribuzione dei meriti della direzione del film confondendo le idee a critici e storiografi che presero parte a questa discussione, cercando di individuare all'interno della pellicola gli specifici apporti dei due registi.

Fellini intervenne con dichiarazioni contrastanti: «Il mio primo film fu Luci del varietà; la regia ed il soggetto erano miei» affermò, mentre in un'altra occasione disse che «per la verità fece tutto Lattuada, io mi limitai ad osservare».

Lattuada, dal canto suo rivendicava l’assoluta priorità nella regia, in ragione della sua maggior esperienza, con Fellini che diede il suo contributo:

La regia?…Sussurro a Federico: accanto al mio nome il tuo apparirà scritto a grandi lettere sullo schermo. Dopo questa prova incomincerai la tua carriera e, siccome il mio sesto senso dice che sei un genio, procederai lungo la gloria”. (Alberto Lattuada, “La veridica storia di Luci del varietà", 1994)


Fig. 7 - Il regista Lattuada studia una inquadratura, Fellini segue gli attori

"Luci del varietà l’ho ideato e sentito come un film mio, c’erano dentro ricordi, alcuni veri, altri inventati: certe atmosfere di provincia che conoscevo bene. Però a spalleggiarmi c’era Lattuada con la sua capacità di decidere, con la forza dell’esperienza, col fischietto. Il regista era lui, lui diceva motore, azione, stop, via tutti, silenzio: io stavo al suo fianco in una situazione abbastanza felice di irresponsabilità". (Federico Fellini) 


Fig. 8 - Fellini cura il costume di scena di Giulietta Masina, “Melina Amour”

Peppino De Filippo in una intervista chiarisce molto bene il ruolo del talentuoso esordiente spiegando come durante le riprese egli si fosse dedicato soprattutto alla cura degli attori. Non sfuggono certe sfumature e taluni interventi d’autore riconducibili a lui che si ritroveranno declinate in opere successive.

Il lavoro di sceneggiatura, come detto, si compie sulla base dei ricordi personali di Fellini con la compagnia di varietà di Aldo Fabrizi ed il contributo conoscitivo di Lattuada sul tema che come racconta la sorella “Alberto non era affatto lontano dal varietà, anzi lo amava profondamente; anche perché gli ricordava la prima giovinezza quando ancora studente a Milano lasciava i libri per rifugiarsi in una sala cinematografica per il trovare cinema ma anche il varietà che erano abbinati.. E’ stata la passione comune per i guitti dell’avanspettacolo a convincerli a ideare un film come “Luci del Varietà”.

Sul set si respira aria ilare e distesa con Lattuada che dirige principalmente i lavori ma con un Fellini sempre presente e attivo...:

Si gira Luci del Varietà. Con la mia perizia  Sono al comando della macchina da presa e di continuo volgo lo sguardo per una intesa di cenni a mio fratello Federico. I momenti del nostro lavoro comune sono una piacevole droga esaltante. Mia sorella Bianca avvisa che stiamo uscendo dal preventivo, ma noi siamo nella piena euforia della libertà artistica e non prestiamo ascolto alla ragione dei numeri…” (A. Lattuada)

 “Le personalità artistiche di Fellini e Lattuada erano alquanto diverse: laddove Lattuada è geometrico, rigoroso, attento alla struttura drammatica ed alla definizione dell’inquadratura in senso matematico, Fellini è divagante, dispersivo, allucinato, tentato dal fantastico, dal gusto dell’immagine surreale.

Questa diversa personalità dei due registi ci permette in qualche modo di distinguere il loro contributo nella iniziale formazione del film che ha interessato Capranica: l’individuazione della location e le suggestioni notturne (Fellini), il casting e la sceneggiatura esecutiva (Lattuada).

Fellini il viaggiatore dell’anima

I miei primi film sono nati girando nel viterbese”.

La Tuscia è stata la location di tanti  film ma per Fellini ha rappresentato il territorio  di una consuetudine esplorativa vissuta negli anni del dopoguerra.

Fellini adorava la Tuscia in modo irrecuperabile, quasi patologico a tal punto da riuscire a spacciare Rimini con Viterbo con gli straordinari risultati che conosciamo” dichiara Moraldo Rossi, collaboratore e amico “simbiotico” del regista in una bellissima testimonianza contenuta in un libretto dal titolo “Il set Tuscia di Federico Fellini. Memorie di un luogo. Conversazione con Moraldo Rossi” a cura di Paolo Pelliccia. In particolare Rossi, che ebbe un lungo rapporto come segretario di edizione con Fellini e col suo cinema, rievoca quelle esplorazioni, insieme a Fellini, del territorio e paesaggio Viterbese.

Da queste testimonianze di Rossi, compagno di viaggio nelle scorribande viterbesi, si comprende come Fellini, insieme ad altri, abbia trovato nei luoghi della Tuscia la fonte di ispirazione e il paesaggio “dell’anima” per ambientare le proprie visioni e storie.

I luoghi eletti di questa visione della Tuscia che si riverbera nei suoi primi film: Capranica con “Luci del Varietà” (1950), Viterbo con  “I Vitelloni” (1953) e Bagnoregio con “La Strada” (1954),

In seguito, Fellini preferirà costruire artificialmente le sue visioni oniriche esclusivamente a Cinecittà “la fabbrica dei sogni”.

Come in tutti i viaggiatori conoscitori accade che lo sguardo si abbandona al fascino alle suggestioni e alle emozioni suscitate dalla visione dei luoghi. Fellini, a proposito delle sue prime scorribande in automobile attraverso la Tuscia, metteva in stretta correlazione la mobilità del mezzo di trasporto, l’ampliamento che esso consente della visione diretta del paesaggio. La Tuscia risulterà come lo scenario di un’avventura non solo cinematografica, ma di vita un insieme di luoghi e paesaggi che Fellini riconobbe come veri e proprio luoghi dell’anima”.

Per Fellini la Cassia era la più bella del mondo, con il suo territorio ha rappresentato la vera “Strada” dell’anima dei suoi primi film.  

Seguendo la testimonianza di Rossi possiamo comprendere come la visione di Capranica, quasi una Radicofani dal basso, alle porte dell’ itinerario Tuscia, labbia ispirato Fellini per quelle scene suggestive e notturne.

Del lungo racconto di Rossi, stimolato dalle domande di Paolo Pelliccia, ho raccolto in sintesi la parte della ricerca esplorativa di luoghi che conosco e ne condivido il fascino:

lui si era convinto che i luoghi che si trovavano lungo la via Cassia, ossia l'anima della Tuscia, costituissero lo scenario ideale per i suoi film. Aveva una passione un po' morbosa per la via Cassia che rivelava una parte quasi femminile della sua sensibilità. Si può dire però che Fellini non scegliesse i posti, perché per lui la scenografia era sempre la stessa, ciò che contava era l'atmosfera, che rappresentava quello che lui sentiva, ossia il suo bisogno di raccontare la favola.. Lui cercava dei luoghi dove potersi liberare, esprimere.

Si può dire che Fellini "girovagasse" nella Tuscia, e io con lui. Spesso, anche a tarda notte, andavamo in giro sulla via Cassia a bordo della sua automobile di seconda mano con un fanalone semovente sopra; percorrevamo questa strada in tutte le sue diramazioni. Fellini conosceva la Tuscia come atmosfera, luogo dello spirito, per ciò un luogo valeva l'altro, l'importante che fosse immerso in quella natura che si apriva intorno alla via Cassia.

Quali paesi attraversavate lungo la via Cassia? Tanti... Ronciglione, Bagnoregio, Canino, Tuscania, Bassano Romano, anche a Caprarola abbiamo fatto qualche cosa.. l'amore per Viterbo, Ronciglione, Capranica e tutta la zona della via Cassia è partito anche da mia sorella (Cosetta Greco).

C'era una possibilità di scelta infinita sia sul piano della vecchia umanità, i castelli, i casolari diroccati. Fellini non cercava qualcosa di preciso geograficamente, figurativamente, scenograficamente adatto alle sue esigenze, cercava spinto dall'amore. La terra della Tuscia alimentava la sua poetica, il suo star bene, a tal punto che si divertiva.

Di questa vocazione al viaggio esplorativo della amata Tuscia leggiamo da un articolo di Fellini sulla rivista “Epoca”  di agosto del 1959: “La mia avventura fantastica a Viterbo è di quasi dieci anni fa. Erano i primi anni che avevo la macchina, e la macchina più che un mezzo di locomozione voleva dire per me uno strumento di scoperte nel paesaggio, in Roma e soprattutto intorno a Roma. Il mio primo movimento è stato anzi in un certo senso evadere da Roma: la campagna intorno mi attirava enormemente, con tutto il suo potere così misterioso, pagano ma anche mistico, con la sua solennità che si fonde senza contrasti con la più assoluta aridità. E proprio in una di queste scorribande mi imbattei in Viterbo, che per me significava il ritorno alla provincia... Io non ho mai visto i paesaggi da turista, dall’esterno: non ho mai voluto conoscere dei paesaggi, ho sempre cercato di riconoscerli. Penso che un paesaggio può, con una linea, un gesto di colline, salvare addirittura una persona, comunicargli un messaggio prezioso.

Antonello Ricci in “La fantastica avventura a spasso con Fellini” commenta: “Vagabondando in automobile nell’immediato secondo dopoguerra, il cineasta romagnolo aveva visto scorrere sui vetri le immagini dei suoi primi film (Ehi… il parabrezza come schermo, il film come viaggio-vagabondaggio: mai letta una più bella, profonda e popolare definizione di cinema!

Ricci ricorda, infine, una sua intervista: «All’automobile devo le scoperte di un Lazio favoloso, i paesini arroccati sui cucuzzoli di zone zellose, la campagna, le aie assolate …. e tante altre cose ancora. Ma soprattutto devo ai miei vagabondaggi in automobile in città, in campagna e al mare, l’apparizione delle prime immagini dei miei film, le idee, i personaggi, anche i dialoghi perché spesso mi fermavo dovunque mi trovassi e prendevo degli appunti.” Quel fluttuare, quel vagare senza meta, con le cose, i colori, gli alberi, il cielo, le facce che sfilano silenziose aldilà dei vetri dell’automobile, ha sempre avuto il potere di collocarmi in un punto indefinibile di me stesso, dove immagini, sensazioni e presentimenti nascono spontaneamente».

Capranica il primo paese dei film di Fellini (Com’era Capranica)

Capranica, dunque, è il primo paese della Tuscia ad apparire nelle prima sequenza del primo film di Fellini. E’ chiamata a rappresentare due paesi di un’Italia minore che “si intravede nelle antiche piazze vuote, nelle stazioncine di paese e ai piedi dei colli e nei piccoli teatri. Solo i tocchi degli orologi dei campanili risuonano per dire che il tempo si distende e invecchia.” (Alberto Cattini).

Mi piace immaginare il regista, durante le sue esplorazioni, visitare con curiosità il paese, forse con quel suo basco, come certi intellettuali, in cerca dell’atmosfera che rappresentasse il suo sentire. 


Fig. 9 -
Capranica, il paese sul “ cucuzzolo” al tempo di Fellini viaggiatore

Percorrendo la Cassia da Roma e lasciata Monterosi il paesaggio si trasforma e si ha la percezione di entrare in un’altra terra, la Tuscia. Sutri ne rappresenta l’accesso da cui si snoda un fantastico percorso iniziatico tra alte forre boscose lungo la valletta del torrente che scende da Capranica. Percorrendolo si comprende l’effetto sorprendente che suscita, dopo curve e controcurve  la visione del paese arroccato e la suggestione lungo il suo fianco orientale, delle case torri che si affacciano a strapiombo sulla Via Cassia. Mi piace, altresì, immaginare e un po’ ricordare il paesello immerso nel lento scorrere della semplice vita di allora con l’ausilio di alcune cartoline del tempo che inquadrano i luoghi delle riprese capranichesi del film. 

Certo l’immagine più suggestiva ed evocativa di Capranica è Il “Ponte dell’Orologio” che ne rappresenta il manifesto identitario.

Un ex castello medievale arrocato poi divenuto quinta urbana del Borgo rinascimentale. La facciata rimaneggiata del Castello degli Anguillara con la Torre dell’Orologio viene raggiunta dal Ponte possente e prospettico che con un grande balzo supera il fossato della Via Romana ed  introduce attraverso la porta medievale nella vita del paese antico.

 


Fig. 10 (sopra) e 11 (sotto) -
Cartoline degli anni '40-'50

Lattuada l’osservatore della realtà

La professionalità e le conoscenze tecniche di Lattuada sono prevalenti nel girare il film e nella riscrittura della fase esecutiva della sceneggiatura :” Ho girato il film io, sempre, previsto il montaggio già punto per punto sul copione. Avendo vicino Fellini, certamente, con un continuo scambio di idee”. 


Fig. 12 -
Alberto Lattuada e Federico Fellini al lavoro

Lattuada, da buon milanese, è rigoroso e metodico nella preparazione del film attraverso i suoi taccuini ed appunti. Compirà una serie di “ sopralluoghi” sul campo per approfondire la conoscenza e verificare le ipotesi della sceneggiatura. Racconta di avere trascorso giorni e giorni all’Altieri, famoso teatro romano d’avanspettacolo, prima di girare prendendo una serie di appunti assistendo ai numeri del varietà romano di Altieri.

Il manoscritto, datato 1948-49, conservato presso il Fondo Carla del Poggio, testimonia il suo lavoro artigianale volto alla caratterizzazione dei personaggi del soggetto tramite una accurata puntualizzazione dei loro profili.


Fig. 13 - Appunti di Lattuada sui personaggi del film


Fig. 14a -
VALERIA DEL SOLE
30-40 anni sfasciata ma ancora procace

ed eccitante: Formosissima, faccia decisamente puttanesca

(interprete Gina Mascetti)


Fig. 14b -
IL SIGNOR ENZO
simpatico, anzianotto, cordiale, rubicondo

(interprete Carlo Romano)


Fig. 14c - IL PADRONE DEL TEATRINO
viso contadinesco, rosso,

occhietti affondati nel faccione
(interprete Checco Durante)


Fig. 14d -
REMO IL RE DELLA CANZONE
finto giovane sui quarant’anni

(interprete Dante Maggio)


Fig. 14e -
IL VETTURINO Piticozzo (a sinistra, schizzo di sceneggiatura)

Lattuada Fotografo

Alberto Lattuada, prima dell’esordio sul grande schermo, si era dedicato alla fotografia e dal 1937 in poi esegue una serie di scatti che riprendono le vie di Milano, dal centro storico alla periferia, utilizzando la propria macchina “Rollei”. “Sono immagini di un realismo poetico che prelude alle visioni del cinema neorealista. L’attività fotografica di Lattuada prosegue con scatti nati allo scopo di documentare la preparazione dei suoi film ma che, allo stesso tempo, conservano una propria valenza fotografica indipendente.”

Molte foto fanno parte del fondo Alberto Lattuada depositate nell’Archivio Alinari. Tra queste sono conservati i provini di preparazione del film “Luci del Varietà” tra cui, ho trovato due gemme fotografiche d’autore di Capranica: la testimonianza che Lattuada ha effettuato un sopralluogo nel paese prima di girare.

Sono due foto antitetiche per tipo di scena e per animazione della stessa. 


Fig. 15 - Veduta di Capranica. Il Castello degli Anguillara e la Torre dell'Orologio" - foto di Alberto Lattuada, Archivio Alinari, Donazione Lattuada, Firenze

La foto ritrae la bella veduta del “Ponte dell’Orologio” dove verrà girata di notte la sequenza felliniana della compagnia di varietà in uscita dalla porta del paese: è una giornata di sole primaverile e di festa, forse domenica, è mezzogiorno e il Corso con il Ponte sono animatissimi di gente di ogni età, come nei ricordi della mia infanzia. Siamo alla fine degli anni ’40 e la voglia di riprendersi la vita traspare nello sguardo sorridente delle donne in primo piano con il vestito della festa e il “collié” esibito per le occasioni pubbliche. Si va in gruppi di genere e familiari, gli uomini con il cappello e i bambini per mano verso il benessere che li aspetta. Una bancarella di scarpe in primo piano invita a fare acquisti.


Fig. 16 -
"Scorcio di un vicolo stretto fra umili case di pietra", foto di Alberto Lattuada, Archivio Alinari, Donazione Lattuada, Firenze

La foto ritrae la veduta di un largo vicolo interno al paese. Si tratta di Vicolo del Rogo, uno slargo nascosto del borgo che il regista, architetto, ha trovato d’improvviso uscendo dal corso principale per la discesa di Via Acque alle Rupi ed è rimasto probabilmente colpito da quell’avancorpo coperto delle scale d'ingresso di un cantina sotterranea come quello delle tombe etrusche.

La scena, per me commovente, è lo sguardo su un piccolo slargo e crocevia di rampe nell’ intimità del paese animato da un gruppo di bambini sorpresi nel gioco. Sullo sfondo al primo piano di un ballatoio esterno una donna conversa tranquillamente appoggiata alla ringhiera e sotto una ragazza incuriosita guarda il fotografo mentre sta entrando in casa. Sono visibili tutti i caratteri di un paese del tufo: le gradonate di basalto, il saliscendi delle scale esterne delle abitazioni, le murature con i tipici blocchi di tufo ed una serie di magazzini (tinelli) e cantine.

Dunque di quella esperienza cinematografica Alberto Lattuada ci ha consegnato per sempre due scatti storici di Capranica che ci piace ricordare proprio con il commento dell’autore stesso :

“L’essenza dell’immagine fotografica dovrebbe essere così densa da rivelare passato, presente e futuro dell’oggetto ritratto, sia esso un essere vivente o una cosa… La fotografia è quell’istante, quel frammento d’istante, quel fulmineo tempo del lampo che ha il potere di vampirizzare tutto ciò che la lente inquadra. Dopodiché l’operazione è cristallizzata, consegnata all’eternità…”

Lo scatto è catalogato come “vicolo situato in un vecchio quartiere popolare alla periferia di Milano -1940” (Sic !) Quegli elementi così tipici non mi avevano convinto e dagli amici capranichesi ho avuto la conferma e precisazione del luogo che sono tornato a fotografare.


Fig. 17 -
Capranica. Vicolo del Rogo

Oggi quel luogo, con alcune modifiche, è rimasto pressoché identico e fotograficamente intrigante come lo scatto di Lattuada.

Nel medesimo Fondo si trovano i provini dello stesso Lattuada di alcuni personaggi del film in particolare del corpo di ballo femminile della compagnia di Varietà.

In primo luogo Carla del Poggio, interprete principale, e l’attrice Gina Mascetti ma anche “aspiranti attrici” in “succinto costume di scena”. Ritrovato anche il provino di Enrico Piergentili (Sor Achille amministratore della compagnia) disperso scambiato per un anonimo signore.  


Fig. 18 - "Una donna posa davanti ad una finestra Archivio Alinari, Provini fotografici di Alberto Lattuada per il film "Luci del varietà" (Gina Mascetti)
 

Fig. 19 - “Un'aspirante attrice posa in succinto costume di scena durante un provino per il film 'Luci del Varietà'”

 Fig. 20 - “Due aspiranti attrici posano in succinto costume di scena durante i provini per il film 'Luci del Varietà”


Fig. 21 -
“Un anziano signore in soprabito invernale posa lungo una strada” (Enrico Piergentili)

Mi ricordo


Fig. 22 -
I miei nonni nella loggetta con il panorama del bosco

Il bosco di Marcò negli anni dell’infanzia è stato il mio spettacolo quotidiano: rimanevo incantato a guardarlo nelle sue mutevoli stagioni, in particolare quando nevicava e pioveva, e a fantasticare sulla leggenda della “Vecchiarella”. Dunque la luce di quella semplice stanza era stata alla base dell’accordo per le pause di lavorazione del film ed aveva soddisfatto le esigenze dei due contraenti: quella di contenere i costi di produzione del film autofinanziato con quella dei miei giovani genitori che avevano l’opportunità di integrare il bilancio familiare di quei tempi magri. 


Fig. 23 - "L'attrice Carla Del Poggio al trucco" (foto di scena)

Mia madre ci raccontava, vantandosene, che fu proprio Carla del Poggio, qui ritratta al trucco, a scegliere la nostra casa perché aveva quella bella luce che le attrici e le ballerine potevano sfruttare al meglio per il trucco.  

Fig. 24 - "Il regista Alberto lattuada con attrici ballerine tra cui Giovanna Ralli" (foto di scena)

Questa foto mi sembra scattata in una stanza a disposizione della compagnia. Il regista conversa con alcune attici ballerine durante la pausa di lavorazione. Si riconoscono l’attrice Gina Mascetti ( “Valeria Del Sole”), accanto al regista, e di seguito una giovanissima Giovanna Ralli.
Le attrici sono distese succintamente nei loro costumi  di scena richiamando un pò l’immaginario erotico delle ballerine del varietà’. Al riguardo raccontava mia madre che Papà nell’organizzazione dell’accoglienza aveva la funzione di vivandiere e lei di cuciniera. Papà aveva talmente “preso a cuore” il suo compito che, solitamente assente da casa impegnato nei suoi piccoli traffici commerciali, in quel periodo si era dedicato con tanta premura al nuovo compito ed era spesso presente in casa magari “a conversare” con le fascinose signorine del cinema. Nel cast del corpo di ballo figura anche un’esordiente Sophia Loren.


Fig. 25 -
"Il regista Alberto Lattuada con l'attrice Carla Del Poggio con un uccellino in mano" (foto di scena)

Mia madre raccontava che Alberto Lattuada aveva molta premura per la moglie Carla del Poggio e quando veniva a trovarla le diceva sempre affettuosamente “tutto bene Carletta? ”.


Fig. 26 - “L'attrice italiana Carla Del Poggio in succinto costume di scena ritratta durante un provino per il film 'Luci del Varietà' 1949 ca” – foto di Alberto Lattuada

La foto di “Carletta”, dello stesso Lattuada, è il provino per il personaggio della fascinosa aspirante soubrette “Liliana 'Lilly' Antonelli”. 


Fig. 27 -
Giulietta Masina e Peppino De Filippo (foto di scena)

L’attrice nel film si fece subito valere come interprete sensibile e dotata, esaltata dal personaggio della docile e tenera fidanzata tradita dal suo uomo, un grandissimo Peppino de Filippo. 


Fig. 28 - “Attore non identificato, un mendicante” – (foto di scena)

Il vecchio immortalato nella suggestiva scena iniziale è una comparsa capranichese, Ruggero Cocozza, qui in primo piano in una delle foto di scena mentre osserva la locandina degli interpreti del varietà.

Le sequenze di Capranica

E’ tutta la sequenza di riprese di Capranica di notte come quelle del campanile della Chiesa di S. Maria e della chiesa di S. Francesco ad imprimere al film i caratteri del paesaggio cinematografico felliniano. 


Fig. 29 - Fellini e Lattuada sul set

Per la rappresentazione delle sequenze capranichesi ho utilizzato fotogrammi e foto di scena del film corredate di  didascalie tratte dalla sceneggiatura, un po’ come i cineromanzi dell’epoca.

Il film si apre con la visione notturna del campanile della Chiesa Santa Maria che batte le ore mentre nel sottostante “Cinema-Teatro Iris” (alias Cinema Vecchio) si svolge uno spettacolo di varietà: “Il campanile segna le 9,30 della sera; dalla torre appena illuminata e scorta dal basso, la macchina da presa si sposta su un lato di un portone di teatro; il nonnetto, sopraggiunto, getta lo sguardo su fotografie d’artisti d’avanspettacolo

PARTE PRIMA
ESTERNO TEATRO PAESE LAZIO E PIAZZETTA – NOTTE


Arrivati alla stazione, la compagnia si dirige “su in paese” a bordo di una carrozza che “stracarica scompare con la dissolvenza, in due inquadrature cha sono una sospensione fantastica di uno sguardo sognante, senza un’identità precisa. Alludiamo alla panoramica dal basso sul paese che lentamente vien scoprendosi sulle colline, e al carrello avanti con l’obiettivo alto sull’arco della porta, sui piani alti delle case e sul campanile del paese” (A. Cattini)

ESTERNO ARRIVO SECONDO PAESE - (Giorno)

L’ inquadratura dell’arrivo, non descritta nella sceneggiatura, viene girata nella sua semantica fuori dal tempo così come Fellini l’aveva vista a bordo della sua automobile in viaggio nella Tuscia: una visione che scorre suggestiva e un po’ misteriosa con la musica che da allegra marcetta della carrozzella diventa un suono profondo e un po’ mistico.

La scena verrà ripetuta di notte ne “La dolce vita" (1960):

 “Capranica immortalata, splendida-arroccata lassù in alto, sul suo cucuzzolo zelloso, in una luce albescente da “effetto notte”, nel tempo-non-tempo di un viaggio notturno decretato dagli amici vitelloni tiratardi di Marcello (Mastroianni). Così, tanto per rompere la monotonia di una serata in via Veneto.” (Antonello Ricci)

ESTERNO ENTRATA SECONDO PAESE - (Giorno)

ESTERNO TEATRO SECONDO PAESE - (Notte)
SCROSCIARE DOLCE DELLA PIOGGIA

 


la comitiva esce da sotto la volta del paese che non ha più il fascino della scoperta e ignorata giace nell’abbandono; e il campanile batte il tempo dopo la mezzanotte. 


Fig. 31 -
Castello degli Anguillara (foto di scena)

La scelta di Capranica è, dunque, intimamente legata alla visione onirica di Fellini rappresentata in quelle due significative sequenze che non trovano descrizione nella sceneggiatura ma che erano nell’immaginario del regista che le aveva “riconosciute” nelle sue esplorazioni.

L’arrivo al paese che scorre dal basso: “quella istantanea di Capranica, così sospesa tra cinema e pittura, è in realtà emblema di una verità più profonda. Essa incarna infatti, per pochi eterni attimi, nel film più celebre del romagnolo, la quintessenza stessa del paesaggio italiano: pennellata di ineffabile bellezza, proprio nel tempo in cui, e questo Fellini lo sapeva bene, quel tesoro di millenaria civiltà peculiarmente nostro stava lì lì per finire definitivamente travolto e divorato dalle benne di un malinteso quanto feroce progresso.” (Antonello Ricci)

L’uscita dal paese: “il Ponte dell’Orologio irreale, onirico avvolto nel mistero della notte con la porta urbica illuminata da dietro, un campanile che batte le ore e un uomo che percorre la salita con il somarello mentre gli artisti distratti da un’atavica fame si dirigono frettolosamente a consumare l’inaspettata cena non accorgendosi di nulla” (Fabio Ceccarini).

L’insuccesso

A film finito, nasce la grave complicazione del fallimento della casa distributrice della pellicola, e questo comporta che Luci del varietà perda tempo prezioso nella gara con Vita da cani. La prima proiezione di Luci del varietà poté avvenire solo il 6 dicembre 1950, oltre due mesi dopo quella del film concorrente.

A differenza di Vita da caniLuci del varietà non è un film leggero, spiritoso, ottimista come lo saranno i film della commedia popolare. Nonostante la partecipazione di Peppino De Filippo nei panni del protagonista Checco, capocomico di una compagnia sbilenca ed affamata, prevalgono i toni drammatici.

Il film riceva giudizi positivi da parte della critica ma non riscuote gli sperati successi commerciali. Il pessimo esito finanziario della pellicola lascia un segno pesante sui patrimoni personali di Fellini e Lattuada e segna la fine della collaborazione, sino ad allora molto intensa, tra i due cineasti.

Critica ottima, incassi fiacchi. Con le “pizze” sotto il braccio corro con Carletta a Parigi. Successo clamoroso dell’élite parigina. In breve i debiti hanno consumato le mie risorse e quelle di Fellini.” (Alberto Lattuada)

Luci del Varietà mantiene comunque una certa importanza nella filmografia di Fellini, principalmente perché mette in scena uno dei temi fondamentali della sua poetica: la rappresentazione dello spettacolo.Ho sempre amato un teatro vivo come quello, gli interpreti provinciali: Ebbi una parte importante anche nella scelta degli attori e nelle prove. […] Mi sento molto solidale con i personaggi di Luci del varietà perché vogliono essere gente di spettacolo. Non è importante il livello a cui si compete. Io sento un legame con tutti quelli che aspirano a fare uno spettacolo. La gente di quella piccola compagnia fa sogni di gloria anche se non ha alcuna capacità di conseguirla. Il personaggio dello sciocco ne è un simbolo. Recita col cuore. I personaggi del film erano come noi che facevamo il film. Pensavamo di averne la capacità artistica. E loro pure. I nostri meriti nel mondo degli affari non erano migliori dei loro. Perdemmo tutti i nostri soldi.

Documenti

Il copione personale di Alberto Lattuada della prima scena del film a Capranica  e dello spettacolo all’ interno del teatro. Le sue annotazioni, si rivela una sorta di diario per l’esecuzione delle riprese: appunti di scena, dettagli di ripresa, tempi, personaggi e promemoria simbolici.
(“Luci del varietà – Pagine scelte” di Luigi Boledi e Raffaele De Berti)


Dopo l’uscita dei film fra l’immediato dopoguerra e gli anni cinquanta quasi tutti i film  sono accompagnati dalla pubblicazione del relativo cineromanzo. Il cineromanzo di “Luci del varietà” pubblicato nel ’56 con la seducente copertina di Carla Del Poggio in costume di scena.




 
Per citare questo articolo

NOCCHI, Paolo B., «Capranica sul set "Luci del varietà" di Lattuada e Fellini. Immagini, testimonianze e ricordi», Capranica Storica, 03/07/2020 - URL: https://www.capranicastorica.it/2020/07/capranica-sul-set-del-varieta-di.html

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