lunedì 23 gennaio 2017

Eugenio Azimonti: un meridionalista a Capranica


di Fabio Ceccarini

Figura ai più sconosciuta, Eugenio Azimonti ricopre invece un posto di grande rilievo nel movimento di rinascita e di progresso del Mezzogiorno d’Italia che vedeva in Giustino Fortunato, Umberto Zanotti Bianco, Antonio De Viti De Marco, Manlio Rossi-Doria, nonché nel Giornale d’Agricoltura della Domenica e nell’Unità di Gaetano Salvemini le sue voci più autorevoli. In questo ambito l’Azimonti seppe però aggiungere alla lotta politica e delle idee anche l’impegno diretto contribuendo direttamente all’elevazione delle realtà rurali del meridione.

Nato nel profondo nord a Cerro Maggiore, nei pressi di Milano, il 31 dicembre 1878, in un ambiente di industriali tessili, Azimonti frequenta l’Istituto Tecnico e la Scuola Superiore a Milano dove ha come maestro Vittorio Alpe e come compagno Arrigo Serpieri. Diplomatosi nel corso del 1900, tra il 1901 e il 1902 presta il servizio militare in Sicilia dove ha modo di conoscere direttamente i problemi dell’agricoltura meridionale. Rientrato a Milano collabora con Alpe e Serpieri e pubblica alcuni manuali pratici (con la casa editrice Hoepli) sulla coltura del mais e del frumento. Nel 1903, su incarico di Alpe, diventa direttore della cattedra Ambulante di Sondrio ma, in seguito alla promulgazione delle leggi speciali di Zanardelli sulla Basilicata, sviluppa sempre di più il suo interesse per l’agricoltura del Mezzogiorno. Maturata quindi la decisione di lasciare la cattedra ambulante di Sondrio, nel 1905 si stabilisce a Pedali, in Val d’Agri, frazione di Marsicovetere (Potenza). Qui affitta e dirige l’azienda dei Baroni Piccininni, dove vi abita insieme alla moglie Gina, e riprende da subito la sua attività di insegnamento assumendo l’incarico della Cattedra Ambulante di Potenza. Tra il 1905 e il 1907 partecipa come delegato tecnico ai lavori della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulle condizioni dei contadini del mezzogiorno.

Nel 1907, lasciata la cattedra ambulante di Potenza, assume a Napoli la direzione dell’Ufficio per il Mezzogiorno e la Sicilia della Federazione Italiana dei Consorzi Agrari. In sinergia con questo incarico, che lascerà nel 1914, l’impianto e la direzione in Val d’Agri di una propria azienda agraria nonché le collaborazioni giornalistiche con l’Unità di Salvemini e con il quindicinale napoletano L’Agricoltore del Mezzogiorno, gli permettono di dare più incisività a quella che considera sempre più una missione: sdoganare l’agricoltura del mezzogiorno dalla nomea di immobilità e inefficienza che gli veniva attribuita dimostrando, coi fatti, che dietro la sua arretratezza si celavano fattori ben più seri della sola sfaticataggine contadina.

E’ proprio utilizzando lo strumento del giornalismo su l’Agricoltore del Mezzogiorno, di cui ne diventa praticamente il direttore ed alla cui redazione collabora fino al 1916 (sobbarcandosi a volte l’onere di coprire completamente con propri pezzi giornalistici tutto lo spazio a disposizione), che promuove e pubblicizza le sue attività di direzione dell’Ufficio per il Mezzogiorno e la Sicilia della Federconsorzi. In Azimonti infatti, era andata sempre più rafforzandosi la convinzione che "il Mezzogiorno è un paese troppo vario e diverso, da provincia a provincia ed anche in una stessa provincia, per poter essere preso nel suo insieme e fatto oggetto di considerazioni e deduzioni generali" (E. Azimonti, Esagerazioni dannose e constatazioni benefiche, in "l’Agricoltore del Mezzogiorno", III, 11, n° 18). Il 25 maggio del 1912 racconta su l’Unità di un suo viaggio in treno da Bologna a Bari, in piena primavera (fine aprile), dove ascoltando la conversazione dei suoi compagni di viaggio si rende conto di quanto pregiudizio vi sia nel considerare l’agricoltura meridionale solo e sempre secondo i luoghi comuni delle sue caratteristiche di pre-adamiticità, della poltroneria dei contadini, e della conseguente scarsa capacità di sfruttamento di quella che è pur sempre una terra fertile.

Accettando la sfida, sviluppa una vera e propria teoria di sfruttamento ottimale delle terre meridionali che sperimenta in prima persona nella propria azienda agraria. Basandosi sull’osservazione della quantità dei raccolti, Azimonti nota innanzitutto che essa varia sempre non secondo il maggiore o minore impegno degli agricoltori, bensì secondo il clima che ha caratterizzato l’annata. L’unico rimedio contro il clima è quindi la varietà di colture e delle lavorazioni del terreno. Non solo, dunque, cereali, ma anche foraggi che serviranno ad alimentare gli animali da lavoro e colture arboree (mandorli, che garantiscono una produzione a breve termine, ulivi, che produrranno a medio termine, e – in ogni caso – vigna). Quella che va predicando dalle colonne de l’Agricoltore del Mezzogiorno, è una vera e propria dottrina, una rivoluzione agraria ed economica che ha come caratteristica quella di essere alla portata dei fittaioli e degli agricoltori del sud che potranno impiantare nuove colture tramite mutui vantaggiosi a basso tasso d’interesse e a lunghissima scadenza.

Al di là della trasformazione delle tecniche agricole locali, la sua battaglia per una nuova politica agraria dello stato italiano, non più impostata, sulla conservazione delle antiche strutture economiche, come il latifondo, a danno delle classi più umili, ma sulla rottura del protezionismo doganale, sull’apertura del mercato internazionale, sulla compressione della spesa pubblica e su una effettiva giustizia tributaria, Azimonti, di chiara fede socialista, la conduce dalle colonne de l’Unità di Salvemini con cui collabora (prima all’edizione fiorentina, poi a quella romana) per tutto il decennio che va dal 1911 al 1920. Per questo, i suoi scritti più significativi apparsi su l’Unità, che racchiudono e sintetizzano il suo pensiero e la sua opera, verranno raccolti nel 1919 da un altro meridionalista, Giustino Fortunato, che li pubblica nella Biblioteca di cultura moderna di Laterza, in E.Azimonti, Il mezzogiorno agrario quale è, Laterza, Bari 1919 (una seconda edizione, riveduta e ampliata, fu poi pubblicata nel 1921).

In seguito all’avvento del fascismo, a causa del quale dovette abbandonare il suo lavoro, ai primi degli anni '30 si stabilisce a Capranica in località Monte Casciano, li dove recentemente è stata costituita l’azienda agrituristica I noccioli di Monte Casciano (dal piazzale delle Rimembranze, è possibile intravvedere, tra la vegetazione fitta di querce e castagni, il tetto di quella che si scelse come dimora, alzando lo sguardo in direzione della valle scavata tra la chiesetta della Madonna delle Grazie ed un fabbricato di recente costruzione, fino alla sommità del monte dietrostante). Anche se dovette limitare di molto la sua attività intellettuale - durante il periodo fascista dovette subire un grave attentato i cui segni lo accompagnarono sino alla morte - pure a Capranica volle continuare ad applicare le sue teorie di tecnica agraria nel suo poderetto che trasformò ben presto a modello di perfezione. Nonostante la gravità dei tempi, anche durante il ventennio manterrà sempre una assidua corrispondenza con Luigi Einaudi, Arrigo Serpieri, Giuseppe Tallarico.

A Villa Paola, durante gli anni della Scuola Popolare, con il Prof. Fileni (col cappello mentre rende omaggio al vescovo) e il vescovo Mons. Giuseppe Gori. Azimonti è ritratto in secondo piano.

Più tardi, nei difficili anni che seguirono la seconda guerra mondiale, volle contribuire direttamente alla ripresa della libera attività democratica della nostra cittadina, mettendo a disposizione il suo valore intellettuale fino al punto di non esitare a scendere in campo nella competizione elettorale. Come, analogamente, non esitò a mettere a disposizione della comunità di Capranica le sue esperienze e capacità professionali per la costituzione della Cassa Rurale ed Artigiana, di cui, oltre ad esserne stato l'indiscusso ideatore e primo promotore, ne divenne il socio n. 1, con la sottoscrizione, il 1° gennaio 1950, del primo certificato emesso dalla nuova Banca per l'acquisto di titoli (n° 14 azioni del valore di 500 Lire). Con Pier Luigi Nicolini collaborò alla scuola popolare della Piccola Città di Villa Paola (1951-1952), insediata nei locali dell'omonima villa vescovile, dando il proprio apporto alla sezione del Movimento per la rinascita rurale, presieduto dal prof. Enrico Fileni. E' morto a Roma il 18 aprile 1960 ma riposa nel cimitero di Capranica accanto alla moglie Luigia Monti.

A Eugenio Azimonti, il Comune di Capranica ha dedicato la strada che collega la Via Alcide De Gasperi con la Via dei Caduti Sardi, nel quartiere Valle dei Santi.

Il Prof. Azimonti in compagnia della moglie Luigia Monti, ritratti nel 1943 nel giardino della casa in località Monte Casciano
 

Una bibliografia per approfondire:

  • MUSELLA L., Il Mezzogiorno Agrario di Eugenio Azimonti, in, La Federconsorzi tra Stato Liberale e Fascismo, a cura di S. FONTANA, Bari 1995, pp. 108-127
  • MORERA G., Capranica. Un secolo di cronache (1860-1960), Viterbo 1982, p. 215
  • M.E. NICOLINI TALLACHINI, V.E. GIUNTELLA, G. GIAMPIETRO, P.L. NICOLINI, «Eugenio Azimonti», in, Il bilancio preventivo approvato dal Consiglio Comunale il 21 novembre 1974, a cura di P.L. Nicolini, Capranica 1974, p. 45, lo stesso articolo è pure in P.L. NICOLINI, Viva Capranica, Numero unico dell'Azienda Nicolini, Capranica 1965, p. 27
  • A.M. e C. BALDASSARRE, Banca di Credito Cooperativo di Capranica: 50 anni di storia, Viterbo 2000.

Per citare questo articolo

CECCARINI, Fabio, «Eugenio Azimonti: un meridionalista a Capranica», Capranica Storica, 23/01/2017 - URL: https://www.capranicastorica.it/2017/01/eugenio-azimonti-un-meridionalista_23.html

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