martedì 23 settembre 2025

Badoglio sheiss: gli Internati Militari Italiani capranichesi ad 80 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale


di Fabio Ceccarini

L'occasione della presentazione del libro L'ombra di colui che fui. Diario di guerra dal 1943 al 1945, di Salvatore Crocicchia (edito dalla Casa Editrice Serena, di Vitorchiano), tenutasi domenica 21 settembre 2025 nella chiesa di San Francesco davanti a numerosissimo pubblico, ci da' lo spunto per occuparci delle vicende dei tanti giovani capranichesi che dopo i drammatici frangenti seguiti all'8 settembre 1943, sono stati tratti in prigionia dai tedeschi e condotti nei vari campi disseminati nel Reich, ingrossando le fila di quel fenomeno di prigionieri/schiavi che rientra nell'acronimo di I.M.I, Internati Militari Italiani.


Il 20 settembre 2025 ha segnato una data storica per la memoria italiana: per la prima volta l’Italia ha celebrato ufficialmente la Giornata Nazionale degli Internati Militari Italiani (IMI) nei campi di concentramento tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale, una ricorrenza istituita con la Legge n. 6 del 13 gennaio 2025. Il provvedimento - votato all'unanimità dal Parlamento - si propone «...di conservare la memoria dei cittadini italiani, militari e civili, internati nei campi di concentramento, ove subirono violenze fisiche e morali e furono destinati al lavoro coatto, a causa del proprio rifiuto di collaborare con lo Stato nazionalsocialista e con la Repubblica sociale italiana dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943» (art. 1, comma 1) ricordando il sacrificio dei circa 650.000 soldati italiani deportati in Germania nel settembre del 1943. «La Giornata - inoltre - ha anche lo scopo di onorare la memoria di tutti i militari italiani uccisi a causa del rifiuto di collaborare con lo Stato nazionalsocialista e con la Repubblica sociale italiana, dopo l'armistizio» (art. 1, comma 1). 
La scelta della giornata del 20 settembre è stata definita tenendo conto che proprio in questa data, nel 1943, la Germania nazista modificò unilateralmente lo status dei militari italiani da prigionieri di guerra a internati militari (Italienische Militär-Internierte), con l'intenzione di sottoporli al lavoro coatto e senza riconoscere loro l'applicazione delle tutele previste dalla Convenzione di Ginevra, in quanto considerati traditori. Badoglio-sheiss (letteralmente: merde di Badoglio), fu l'appellativo fortemente dispregiativo con il quale i tedeschi soprannominarono da quella data in poi, tutti gli IMI.

Nel periodo che va dalla crisi dell'estate 1943 alla cessazione della guerra, circa 800mila italiani, militari e civili, vennero trasferiti coattivamente nel territorio del Terzo Reich per essere impiegati come forza lavoro nell'economia bellica tedesca. Il gruppo più numeroso, oltre 650 mila, è quello degli IMI, primi, inermi, silenziosi resistenti, la cui storia ha inizio l'8 settembre 1943, il giorno dell'armistizio con le forze alleate, annunciato dal generale Pietro Badoglio, capo del Governo pro-tempore. Costretti a consegnare le armi, migliaia di soldati sono posti di fronte alla richiesta di continuare a collaborare con le truppe tedesche e con la Repubblica di Salò, costituitasi il 23 settembre dopo la liberazione di Benito Mussolini. Una limitata parte di soldati accetta; alcuni riescono a fuggire; altri vengono uccisi durante una serie di combattimenti. Circa 50mila soldati, tra coloro che non accettano la collaborazione, perdono la vita nel corso della prigionia per malattie, denutrizione, esecuzioni e bombardamenti.

Grazie ad una ricerca da me coordinata, alla quale hanno partecipato attivamente ed entusiasticamente alcuni volontari dell'Associazione Capralica 2000 (Aristide Straffi, Riccardo Ponzianelli, Juliane Bueckner, Travis Criddle, Stefania Boffa, Patrizia Sestili, Francesco Maugeri, Luciana Dell'Unto, Katiuscia Chiossi), nella primavera del 2024 è stata raccolta una buona messe di materiale documentario relativo alla seconda guerra mondiale. La ricerca si sviluppava su vari filoni ed intendeva completarne altre che in precedenza erano state validamente condotte e pubblicate (Capranica e la seconda guerra mondiale, Centro Maria Loreta, 1992 e la mostra Capranica in grigioverde, 2009). I filoni erano i seguenti: 1) bombardamenti e fatti d'arme; 2) la società civile durante la guerra; 3) i militari e la prigionia (gli I.M.I.); 4) diari e lettere; 5) i manifesti.

Diamo conto, in questo articolo, della parte di ricerca relativa alla prigionia dei ragazzi capranichesi, anche e soprattutto nelle fila degli IMI, ma non senza aver prima ben specificato che la stessa non ha riguardato quei prigionieri che sono stati catturati dagli inglesi in Africa Orientale o in Tripolitania e Cirenaica, nonché quelli finiti nelle mani dell'Armata Rossa durante la disastrosa ritirata del CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia), nel gennaio/febbraio 1943.

Angelo Ceccarini. Sul retro della foto inviata ai familiari, è visibile il timbro tondo dello Stalag XVIII-C di Markt-em-Pongau, già Mitterberg, nel saliburghese, in Austria.

Le fonti

Molte delle fonti per reperire notizie sui prigionieri di guerra italiani in Germania sono oggi digitalizzate e fruibili online. L'imponente archivio Arolsen presenta circa 30 milioni di documenti dei campi di concentramento, dettagli sul lavoro forzato e schede di persone deportate. Non è ancora indicizzato completamente e di conseguenza non è ancora tutto esplorato. Numerosissimi sono i gruppi di persone, attive soprattutto sui social, che si occupano oggi di trascrivere liste e di scovare storie dimenticate all'interno di questa imponente mole di documenti, non sempre comprensibile e facilmente fruibile. Molte delle informazioni relative ai nostri IMI sono arrivate da qui, scovate una per una soprattutto da Riccardo Ponzianelli che con pazienza certosina si è messo alla ricerca dei capranichesi, partendo dai nomi che già conoscevamo, così da riempire con tutti i dati reperibili il foglio excel che avevamo costruito. 


Altre informazioni derivano dallo scandaglio dei registri della Croce Rossa Italiana, che si è occupata di censire i rimpatriati alla fine delle operazioni belliche, durante l'estate del 1945. Questi sono conservati presso l'Archivio Centrale dello Stato > Complesso dei Fondi del Ministero della Difesa > Fondo Commissariato Generale per le onoranze ai caduti (Onorcaduti) > serie Internati militari italiani (IMI) e sono digitalizzati e fruibili online suddivisi per provincia (qui, il fascicolo dei militari del viterbese). I registri, redatti dall'Ufficio prigionieri e ricerche della Croce rossa, non solo contengono informazioni sui rimpatriati italiani dai campi d'internamento della Germania, ma anche, nella parte finale, dati riguardanti prigionieri e internati italiani (militari, militarizzati e civili) provenienti da campi di internamento e prigionia dislocati in territori non soggetti alle Autorità tedesche (es. Africa, America, Italia, Iugoslavia, Russia). In generale, per ogni nominativo sono presenti campi relativi alle seguenti informazioni: Cognome, Nome, Paternità, Luogo e data di nascita, Condizione (ad esempio: IMI - Internato militare; ICI - Internato civile; L. ex IMI - Lavoratore ex internato; L.V. - Lavoratore volontario; P. - Prigioniero; R. - Residente), Data di rimpatrio in Italia, Numero di internamento, Località e numero del campo o indirizzo in Germania o feldpost, Grado, Residenza sua o della famiglia, Numero della pratica.

Esiste poi una banca dati online tutta italiana, che collaziona dati provenienti da varie fonti: il Lessico Biografico degli IMI. Qui, attraverso un motore di ricerca, è possibile rintracciare i singoli prigionieri di guerra, la loro unità militare, il numero di matricola militare e da prigioniero, luogo di cattura e data, luogo di internamento e data, data di rientro in Italia. Ma non tutti sono censiti.

Ulteriori dati è stato possibile rintracciare, per pochissimi casi, grazie alla corrispondenza conservata, alle lettere e alle fotografie inviate a casa, che recavano timbri di luoghi di internamento o i visti della censura militare.

Infine, presso l'Archivio di Stato di Viterbo, fondo Distretto Militare di Viterbo, sono reperibili ulteriori informazioni interessanti consultando i fogli matricolari di singoli militari.


Gli IMI capranichesi 

Gli IMI di cui sono state ritrovate notizie sono 55. Essi sono:

Andreotti Giuseppe, Badini Antonio, Baldi Galliano, Barella Camillo, Bordino Torquato, Bozzo Giuseppe, Buratti Luigi, Canale Antonio, Cappelli Luigi, Carlini Giuseppe, Carrazza Tullio, Carrazza Ferdinando, Ceccarini Angelo, Cenci Rolando, Cherubini Guido, Colivazzi Ugo, Colognola Francesco, Crocicchia Ferdinando, Crocicchia Giuseppe, Crocicchia Salvatore, Crocicchia Elio, De Angelis Domenico, De Luca Serafino, D'Orazio Egidio, D'Orazio Francesco, D'Orazio Francesco, Felici Pietro, Gennari Antonio, Giuntella Vittorio Emanuele, Graziosi Giuseppe, Iacquinti Luigi, Iezzi Giovanni, Lucaroni Giuseppe, Lucaroni Angelo Antonio, Massi Gino, Morera Antonio, Nocchi Francesco, Nocchi Lorenzo, Nocchi Umberto, Oroni Eugenio, Paradisi Antonio, Pasquini Amato, Peruzzi Gino, Platti Francesco, Porta Giuseppe, Puccica Carlo, Puccica Mario, Rosa Salvatore, Salvati Terenziano, Santiloni Ernesto, Signoretti Giuseppe, Speranza Antonio, Speranza Evelino, Straffi Gino.

Di questo elenco, solo di 7 si conosce il lavoro a cui furono addetti durante la prigionia.

Mappa dei lager nel Reich. Cliccare per accedere alla mappa interattiva (da https://www.lessicobiograficoimi.it/)

Uno di questi è Luigi Buratti, classe 1921, anche se forse non se l'è passata poi tanto male se è vero che lo hanno fatto lavorare come fornaio a Leverkusen, all'interno della fabbrica Bayer. Era stato catturato in Grecia, a Calamata, proprio l'8 settembre 1943. Sarà liberato alla fine della guerra, l'8 maggio 1945 e rientrerà in Italia il 7 settembre 1945. Chissà se proprio l'indomani, per ringraziamento, diventerà uno storico macchinista di San Terenziano? 

Crocicchia Salvatore, classe 1916, fu destinato ad una fabbrica di batterie ad Hagen, nei pressi di Dortmund, nella Rhur. Vi rimase ininterrottamente dal 22 settembre 1944 al 14 aprile 1945. Pur non nominando mai, nel suo diario, il luogo della prigionia, Crocicchia ricorda con terrore il bombardamento del 2 dicembre 1944, tanto che è in grado di indicare con precisione il giorno della settimana - un sabato - in cui si verifica (ed in effetti il 2 dicembre 1944 fu un sabato). Hagen, quella notte, subì uno spaventoso bombardamento che lasciò sul campo ben 54 nostri connazionali prigionieri (cfr. 1939 - 1945: schiavi di Hitler in Renania e Vestfalia. Testimonianze, quaderno a cura della Gesamtschule, Fritz Steinhoff, Hagen, edito nel 2003 in occasione della mostra 1939 - 1945: schiavi di Hitler in Renania e Vestfalia). Crocicchia lavorava nella fabbrica di accumulatori Behr insieme ad altri 590 italiani. Nel diario ricorda con precisione il suo caporeparto, Sig. Tofoletti, che lo destina alla saldatura, ed in effetti nell'elenco di fabbrica figura un italo-tedesco, tale Hermann Toffoletti, classe 1908 (Arolsen DocID: 70638581). 

Domenico De Angelis, classe 1921, fu catturato il 9 settembre 1943 presso l'aeroporto di Tirana, in Albania. Venne internato nello Stalag XIII-D, a Nuremberg. Gli italiani qui sono solo una sparuta minoranza di 1.500 uomini, tra 15.000 russi, 11.000 francesi, e oltre 2.300 di altre nazionalità (Rijo research 2.0, The Nuremberg POW camps 1939-1945). De Angelis va a spalare carbone e tornerà in Italia solo nel giugno del 1946.

Ferdinando Crocicchia, classe 1904, e Antonio Speranza, classe 1924, sono stati utilizzati come agricoltori. Il primo era carabiniere reale mobilitato appartenente alla IV brigata CC.RR., mentre il secondo era soldato appartenente al 74 Reggimento Fanteria Divisionale “Trieste”, di stanza a Pola. Ed in effetti è a Pola che entrambi sono presi prigionieri la sera dell'8 settembre 1943. Entrambi saranno compagni di prigionia nel medesimo stammlager, il X-B nelle vicinanze di Sandbostel in Bassa Sassonia. Liberati l'8 maggio 1945, tornarono in Italia ad estate inoltrata transitando per il Centro di Smistamento di Bolzano. E furono fortunati. Perché nello Stalag X-B morirono ben 50.000 prigionieri di varie nazionalità a causa di fame, stenti e condizioni igieniche precarie. Chissà se uno dei due ha mai incontrato e conosciuto Giovannino Guareschi? 

Egidio D'Orazio, classe 1910, viene utilizzato come infermiere presso lo Stalag XII-D e XII-F. Lo Stalag XII-D era situato sulla collina Pétrisberg, dominante la città di Treviri, in Renania, mentre lo Stalag XII-F fu spostato almeno quattro volte da Saarburg a Bolchen, quindi a Forbach ed infine a Freinsheim. Immaginiamo D'Orazio al seguito di personale medico, perennemente in giro tra uno stammlager e l'altro, con un potenziale di utenza di oltre 55.000 internati (16.000 Stalag XII-D; 49.000 Stalag XII-F). Qui erano internati numerosissimi francesi, data la vicinanza di quella che fu la linea Maginot, la fortificazione difensiva più potente ed inutile che i vertici militari di un paese abbiano potuto immaginare. Ed in effetti D'Orazio fu catturato a Tolone, in Francia, l'8 settembre. Potrà tornare in Italia solo il 15 luglio 1945.

Giuseppe Signoretti, classe 1922, venne impiegato come muratore. Fu catturato a Creta, l'8 settembre 1943 e tornò in Italia il 9 settembre 1945. Tuttavia non si conosce il luogo del suo internamento.

Ma ci fu chi non fu fortunato e non tornò mai a casa. Dei nomi appartenenti al nostro elenco, ben 5 morirono in prigionia. Santiloni Ernesto morì a Mauthausen il 16 giugno 1944. Ferdinando Carrazza trovò la morte il 20 luglio 1944, presso la stazione ferroviaria di Letmathe, un quartiere di Iserlohn, una città tedesca sita nella regione della Vestfalia Settentrionale. Ugo Colivazzi, falegname, morì il 27 dicembre 1945, a guerra finita, per malattia contratta durante la prigionia. Il furiere Giuseppe Graziosi morì il 29 luglio 1944 in Germania, in un luogo imprecisato. Mentre Antonio Paradisi, classe 1914, appartenente alla MVSN, morì il 18 novembre 1944 a Pittenbach, un minuscolo paese della Renania.

E tra i sopravvissuti, c'è anche chi è riuscito ad imbracciare il fucile e a partecipare efficacemente alla guerra partigiana, seppure in Albania. E' il caso di Giuseppe Carlini, classe 1916, che il 1° novembre 1944 riesce ad evadere dal campo di Durazzo, in Albania, dove era stato rinchiuso dal giorno dell'armistizio, e a darsi alla macchia combattendo sulle montagne schipetare nelle fila dell'Esercito di Liberazione Albanese. Tuttavia, i capranichesi che servirono Enver Hoxa furono due. L'altro fu Vitilio Puccica, ex artigliere del 41° Reggimento artiglieria da montagna Divisione “Firenze”, colto dall'armistizio con la sua unità sulle montagne che circondano il grande lago di Ocrida. L’8 settembre 1943, il 41° Reggimento “Firenze” rifiutò di consegnare le armi ai tedeschi e scelse di battersi contro i nuovi nemici in circa dieci giorni di combattimenti (azione di Kruja). Dal 23 settembre, il Reggimento confluì nell’Esercito Nazionale di Liberazione Albanese comandato dal Generale Enver Hoxha, che sarebbe diventato, alla fine della guerra, capo dello Stato albanese. A guerra terminata, il 1° maggio 1945, Vitilio Puccica fu decorato con la medaglia al merito dell’E.N.L.A. di Hoxha.

Ecco a questo link l'elenco completo in formato PDF



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CECCARINI, Fabio, «Badoglio sheiss: gli Internati Militari Italiani capranichesi ad 80 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale», Capranica Storica, 23/09/2025 - URL: https://www.capranicastorica.it/2025/09/badoglio-sheiss-gli-internati-militari.html

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