lunedì 25 gennaio 2021

Giornata della Memoria. Isko Thaler: da Ferramonti a Capranica. Un musicista ebreo virtuoso internato in via della Viccinella, 43


di Fabio Ceccarini

Non si hanno stime precise di quanti ebrei sfollati si sono rifugiati nei paesi della Tuscia durante la Seconda Guerra Mondiale. Nelle relazioni trimestrali che il Questore inviava al Ministero dell’Interno durante il 1942, ne risultano 136 di ambo i sessi alla data del 31 marzo; a settembre sono 140 e alla fine delle stesso anno sono incrementati a 155 (Archivio di Stato di Viterbo, fondo Questura). Segno evidente di un esodo in continuo aumento, anche se, in ogni modo, dovevano essere molti di più. Sappiamo infatti che a Capranica ha trovato rifugio almeno una famiglia, quella di Cesare Sonnino (una breve testimonianza di Speranza Sonnino, figlia di Cesare, è contenuta nel numero di novembre 2013 della rivista Shalom).

La famiglia Zanganella, che ha accolto la famiglia ebrea dividendo con essa il poco pane che si poteva mettere a tavola, ha ricevuto nel 2007 per questo suo gesto la Medaglia dei Giusti fra le Nazioni dalle mani dell’ambasciatore israeliano, in occasione della “Giornata di solidarietà tra i popoli tra accoglienza e memoria”, durante una cerimonia che si è tenuta a Capranica, nella sala consiliare del municipio. Ma sappiamo anche che il podestà del paese, Giulio Sansoni, inviava alla Regia Prefettura rapporti negativi sulla presenza di ebrei nel territorio comunale, forse chiudendo un occhio su quello che probabilmente sapeva bene. Come si dice: il paese è piccolo e la gente mormora e, francamente, risulta difficile pensare che nessuno nel borgo sapesse della presenza della famiglia ebrea protetta dai Zanganella. Talché le persone di religione ebraica che hanno trovato rifugio nelle rosse case di tufo della Tuscia dovevano sicuramente essere parecchie di più di quelle che venivano comunicate per via ufficiale agli organi di polizia.

Tuttavia, contemporaneamente al fenomeno dello sfollamento, i paesi del viterbese hanno ospitato per vari periodi numerosi ebrei stranieri, tedeschi, polacchi e mitteleuropei, che sceglievano il regime del cosiddetto “internamento libero”. Il Decreto del Duce del Fascismo, Capo del Governo, del 4 settembre 1940, stabiliva infatti che i sudditi dei paesi nemici dovevano «essere raggruppati in speciali campi di concentramento, ovvero essere obbligati a soggiornare in una località determinata da provvedimento di internamento». Inoltre, il successivo art. 3 stabiliva le modalità di vigilanza e di controllo degli internati, affidandone la competenza all’autorità di pubblica sicurezza del luogo di internamento, che si occupava anche di determinare la frequenza e gli orari delle visite di controllo presso la locale caserma dei Carabinieri Reali, l’orario di libera uscita, ed il perimetro da non superare per non violare l’internamento. Sul sito internet curato da Anna Pizzuti (www.annapizzuti.it), autrice del libro Vite di carta. Storie di ebrei stranieri internati dal fascismo, è possibile effettuare delle ricerche che restituiscono i movimenti dell’internamento delle singole persone di religione ebraica, durante la loro permanenza in Italia. Ebbene, nei paesi della Tuscia hanno transitato e vissuto in quei frangenti perigliosi per periodi più o meno brevi, ben 276 ebrei internati, di cui tre hanno scelto Capranica: la famiglia di Salomon Thaler, sua moglie Dora ed il figlio Isko. 

Fig. 1 - La cartolina della Croce Rossa Internazionale scritta da Salomon Thaler, padre di Isko, probabilmente a suo fratello Simon, rifugiato negli Stati Uniti
 

In una vecchia e polverosa cartella conservata nell’Archivio Storico Comunale, sezione post-unitaria, ho rinvenuto per puro caso, nell’ambito di un’altra ricerca, una cartolina della Croce Rossa Internazionale scritta da Capranica da Salomon Thaler, a Simon Thaler, abitante nella cittadina di Ridgemont Queens, nello stato di New York, Stati Uniti d’America. La cartolina è datata 9 aprile 1942 e l’indirizzo di residenza di Salomon Thaler è via della Viccinella, 43. Salomon così scrive, in tedesco, a Simon, probabilmente suo fratello: “Caro Simon, grazie a Dio siamo tutti e tre sani, chiediamo notizie di te, dei tuoi, di tutti i parenti. Saluta tutti calorosamente” (un grossissimo grazie per la traduzione alla carissima amica dott.ssa Katia Sarnacchioli). Sulla cartolina, a matita, qualcuno ha scritto: “Internato. Ignorasi residenza”. Internato dove? In effetti, dalla data della partenza della cartolina alla data del suo ritorno con la risposta di Simon passa molto tempo. Questi risponde da Baltimora (Maryland) il 13 ottobre 1942: “Felicissimo sapervi che state bene. Noi tutti bene. Marco Cilla sta ancora qui. Il nuovo indirizzo è: 3400 Otto Road, Baltimora, Maryland. Baci, Simon”. Senonché la cartolina arriva a Ginevra, sede della Croce Rossa Internazionale, il 23 settembre 1943 ed a Capranica nel febbraio del 1944, ma non si trova a chi recapitarla. Viene archiviata solo dopo che probabilmente si è saputo che la famiglia è stata internata. Ma chi era Salomon Thaler?

Fig. 2 -Il retro della cartolina della Croce Rossa con la risposta di Simon Thaler

I Thaler erano ebrei polacchi di lingua tedesca, di nazionalià tedesca-ex austriaca, originari di Bohorodczany, oggi cittadina dell’Ucraina, ma un tempo appartenente all’Impero Absburgico, che dopo la fine della Grande Guerra passa alla neo indipendente Repubblica di Polonia. Salomon era nato il 1° ottobre 1876 mentre sua moglie Debora (Dora) Blumenstein, era nata il 15 aprile 1879 a Jasina, un piccolo paese della Transcarpazia, oggi in Ucraina. I Thaler arrivano a Capranica il 12 ottobre 1941 provenienti dal campo di internamento di Ferramonti, in territorio del comune di Tarsia (Cosenza), e ripartono per lo stesso campo di Ferramonti il 17 gennaio 1943 (Archivio Centrale dello Stato, A4BIS, b. 350). E’ chiaro quindi che al momento del ritorno della cartolina scritta da Simon al fratello Salomon, i Thaler sono partiti da Capranica da parecchio tempo. Ma è il figlio della coppia, Isak Thaler, nato il 17 gennaio 1902 e comunemente chiamato Isko, la persona davvero interessante di cui vale la pena parlare. Non senza aver parlato prima di Ferramonti.


Fig. 3 -Uno dei momenti musicali che si svolgevano nel campo di internamento di Ferramonti
(Foto concessa da Archivio Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea CDEC, Fondo Israel Kalk)

Nelle terre malariche dell’Alto Cosentino il regime fascista decide di realizzare un grande campo di internamento riservato agli ebrei stranieri che si trovano in Italia. Ce ne sono già altri due, quello della Risiera di San Sabba, a Trieste, e quello di Renicci, nei pressi di Anghiari, in provincia di Arezzo, ma non sono evidentemente sufficienti. A Ferramonti, come negli altri campi, l’internamento era una misura provvisoria di polizia, nell’attesa di individuare comuni disposti a ricevere gli ebrei internati nel regime di “internamento libero”. Tuttavia, nel campo calabrese  la prigionia non è così dura come altrove. Come ricorda lo storico Spartaco Capogreco che ha studiato il sistema dei campi fascisti nel suo approfondito studio I campi del duce. L’internamento civile nell’Italia fascista (1940-1943), edito da Einaudi, a Ferramonti si inaugurò una sorta di silenzioso e condiviso patto di non belligeranza tra internati e autorità di custodia secondo l’adagio: «Fate quel che volete, purché siano salve le apparenze e ci vengano evitati richiami e fastidi». Tra il 1940 e il 1943, quando viene liberato dagli alleati – primo campo di concentramento europeo a vedere la libertà – nel campo transitano oltre 3.000 ebrei stranieri e apolidi, altri civili stranieri, antifascisti italiani. Tra gli ebrei in arrivo a Ferramonti, il 16 settembre 1940, ci sono anche i Thaler, provenienti da Bengasi, dove avevano cercato rifugio fuggendo fortunosamente dalla Germania nella speranza di raggiungere la Palestina. Nella città della Cirenaica, i Thaler vengono bloccati dagli italiani che li arrestano insieme ad altri 302 ebrei fuggitivi, e quindi internati a Ferramonti. Questo campo, rispetto a tanti altri dove dolore e morte fanno da compagne di vita ai reclusi, è davvero sui generis. Qui la sera gli internati sono liberi di organizzare le cosiddette bunter abend, le serate colorate, in cui gli ospiti si esibiscono in veri e propri spettacoli musicali, a cui assistono tutti i presenti in una baracca appositamente allestita da sala concerti. Ovviamente con il consenso tacito della direzione del campo. Gli strumenti vengono costruiti da artigiani liutai calabresi, un armonium viene addirittura spedito dal Vaticano ed entra nel campo come «materiale bellico», gli spartiti vengono decorati con disegni sul frontespizio, e “firmati” con le impronte delle dita dei musicisti.

Fig. 4 - Un momento dello spettacolo. Al piano Lav Mirski
(Foto concessa da Archivio Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea CDEC, Fondo Israel Kalk)
 
Fig. 5 -
Il gruppo dei musicisti di Ferramonti in una foto con il cappellano del campo. Tra loro c'è probabilmente anche Isko Thaler
(Foto concessa da Archivio Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea CDEC, Fondo Israel Kalk)

Isko Thaler è tra coloro che contribuiscono ad animare le serate colorate con la loro musica. Le notizie sulla vita di questo compositore si devono all’imponente lavoro di ricerca svolto da Raffaele Deluca (musicista e musicologo del Conservatorio di Milano), che ha pubblicato in edizione epub il libro Tradotti agli estremi confini. Musicisti ebrei internati nell’Italia fascista, Mimesis, Milano 2019. All’età di 4 anni comincia lo studio della musica e del violino, quindi da adolescente passa alla composizione. Nel 1917 si iscrive alla Musikakademie di Vienna, dove sotto la direzione del professore Mandyczewsky, studia armonia e contrappunto, e poi al Conservatorio di Berlino, dove si perfeziona in composizione con Franz Schreker. A causa di problemi economici della famiglia, è costretto a tornare a Vienna, dove si barcamena scrivendo musica su commissione. Negli anni Trenta, in coppia con il suo amico musicista Joachim Stutschewsky, scrive e pubblica alcuni manuali di tecnica violoncellistica, nonché alcune trascrizioni di musica da camera tratte da autori celebri, con arrangiamenti che vengono pubblicati dai più importanti editori musicali sia tedeschi che austriaci, e che trovano notevole apprezzamento nell’ambito del concertismo internazionale. Da Stutschewsky, Thaler viene definito come un’ottimo arrangiatore, «…particolarmente dotato nella strumentazione. In modo spontaneo, seduto al Caffè, scriveva le partiture per l’orchestrina jazz. Talvolta qualcuno gli sottoponeva una qualche melodia ed egli riusciva a crearne un fantasioso pezzo jazz. Queste elaborazioni mostrano chiaramente il suo orecchio raffinato, le sue approfondite conoscenze armoniche e la sua ricca fantasia contrappuntistica» (Raffaele De Luca, Tradotti agli estremi confini, p. 163). Nel 1934 vince il concorso internazionale per musica da film con la sua composizione “Muss mein Herz denn schweigen”, vittoria che tuttavia, per una serie di sventurate coincidenze, non lo porterà alla grande notorietà del pubblico. Sventura che continuerà ad attanagliarlo per il resto della sua carriera musicale.

Fig. 6 -Una locandina di Maurice Chevalier con "Il giardino sul mare", con musica di Isko Thaler

Tra il 1934 e il 1937, collabora con le trasmissioni di Radio Wien, in un momento storico in cui l’antisemitismo nazista si sta infiammando sempre di più e che trova il suo apice con la realizzazione dell’Anschluss, all’inizio della primavera del 1938. Nel febbraio 1939 viene infatti depennato dal registro degli autori e editori austriaci insieme ad altri suoi 531 colleghi musicisti. Da qui la decisione di trasferirsi in Italia, dove l’editore Suvini-Zerboni lo tiene sotto contratto, ben retribuito, che gli consente di avere le entrate necessarie a superare il grave momento storico e a progettare la fuga per la Palestina, pur non essendo egli un ebreo-sionista, fuga che, come abbiamo già visto, viene bruscamente interrotta nella città libica di Bengasi. Da qui inizia il periodo di Ferramonti, dove Thaler si occupa della direzione del coro, armonizzando ed arrangiando – a sei voci – alcune melodie ebraiche di stampo tradizionale, delle quali almeno tre sono giunte fino a noi, conservate nell’archivio del musicista austriaco Kurt Sonnenfeld: il canto dei battellieri del Volga, Ei Uhnjem (oh issa), una canzone ucraina e una slava. Si occupa anche dell’insegnamento dell’armonia ai giovani musicisti ospiti del campo, come Leon Levitch, che sotto la direzione di Thaler comincia a scrivere, proprio a Ferramonti, le sue prime armonizzazioni a quattro voci per coro. Nel campo, durante le bunter abend, si tengono numerosi concerti che vedono protagonisti il trombettista Oscar Klein, il pianista polacco Bogdan Zins, il direttore d’orchestra Lav Mirski, il pianista Sigbert Steinfeld, il baritono tedesco Paolo Gorin, il pianista bosniaco Ladislav Stemberg e il pianista Kurt Sonnenfeld, giovane talento ebreo viennese, che sognava di espatriare negli Stati Uniti, ma che viene arrestato a Milano e internato nel campo calabrese. Nelle serate colorate la musica è utilizzata come linguaggio universale per dare un po’ di speranza e di conforto ai tanti ospiti del campo e Thaler contribuisce con proprie musiche originali. Con l’arrivo degli alleati a Ferramonti, i Thaler si trasferiscono a Bari, dove Isko diventa responsabile delle trasmissioni di Radio Bari, emittente dell’Italia Libera. Al termine della guerra un nuovo trasferimento a Roma, allorché nel 1946 Isko viene assunto dalla RAI come consulente musicale e arrangiatore, per uno stipendio mensile di trentamila lire. Da qui si perdono le tracce del musicista, che rimangono rinvenibili soltanto nelle date di pubblicazione di alcune sue composizioni di musica leggera come quelle per Marisa Del Frate, eseguite dall’orchestra di Mario Consiglio (Musica in sordina), o per Maurice Chevalier, con l’orchestra di Nello Sigurini. 

Fig. 7 (sopra) e 8 (sotto) - Locandine di brani musicati da Isko Thaler

Il 26 gennaio 2017, in occasione della Giornata della Memoria, le musiche di Isko Thaler sono state riproposte all’Auditorium di Roma – Parco della Musica, in un concerto commemorativo con un organico di musicisti di grande livello, di diverse nazionalità e religioni: Fabrizio Bosso alla tromba; Vince Abbracciante alla fisarmonica, Giuseppe Bassi al contrabbasso, Seby Burgio al pianoforte; Andrea Campanella al clarinetto, Daniel Hoffman al violino, Eyal Lerner al flauto, e le voci di Lee Colbert, Myriam Fuks, Giuseppe Naviglio, del Coro Carlo Casini dell’Università di Roma Tor Vergata e la voce narrante di Peppe Servillo.

Fig. 9 - Locandina del concerto del 26 gennaio 2017

I Thaler sono rimasti a Capranica per il periodo di poco più di un anno: una meteora se si considera il periodo storico di grande sofferenza che la Comunità ebraica internazionale stava attraversando a causa della guerra. Resta tuttavia una cartolina della Croce Rossa Internazionale emersa da una polverosa cartella che, in un mondo infiammato dalla follia nazista, ci testimonia di una famiglia che si è salvata - come scrive Salomon, “Grazie a Dio” - dall’orrenda carneficina.


Desidero ringraziare la Dott.ssa Laura Brazzo, responsabile dell'Archivio Storico della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea CDEC di Milano per la concessione dell'uso delle fotografie n. 3, 4 e 5.

Fabio Ceccarini


 
 
Piccolo incontro piacevole, di Isko Thaler. Esegue: Mario Consiglio e la sua orchestra
(Discoteca di Stato, www.canzoneitaliana.it)

Per citare questo articolo

CECCARINI, Fabio, «Giornata della Memoria. Isko Thaler: da Ferramonti a Capranica. Un musicista ebreo virtuoso internato in via della Viccinella, 43», Capranica Storica, 25/01/2021 - URL: https://www.capranicastorica.it/2021/01/giornata-della-memoria-isko-thaler-da.html920

Licenza Creative CommonsQuesto articolo di Fabio Ceccarini è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.

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